Technology Experience
My personal life

Occhio ai beep-beep di casa vostra!

Mercoledì scorso ho avuto un tracollo. Sono arrivato in ufficio alle 9 come cerco di fare tutte le mattine. L’ambiente dove lavoro è molto caldo…la circolazione dell’aria è praticamente zero, tutti i PC accesi aumentano la temperatura, non ci sono finestre ed il tutto risulta in un ambiente molto simile a quello tropicale. Arrivo in ufficio, fa un caldo boia ma io sento brividi di freddo. Torno a casa.

Appena arrivato mi infilo di corsa sotto le coperte.

Durante il pomeriggio mi sveglio e rimango a letto a leggere un buon libro (quel mercoledì ho terminato di leggere “Il Tiranno” di Valerio Massimo Manfredi). In camera entra mia madre per sistemare qualcosa in un cassetto del nostro enorme armadio…sposta di qua…sposta di là…tutto ad un tratto sentiamo uno strano beep-beep provenire da un punto imprecisato della stanza.

Entrambi ci guardiamo straniti e non riusciamo a capire. Quale razza di apparecchio ha emesso quel beep-beep? Un cellulare? No. Il mio PC? No. La televisione? No. Boh…lasciamo cadere la cosa perchè non è che si può stare lì a pensare a tutti i suoni che si sentono.

Arriva la sera. Io e mio fratello spegniamo i PC e la televisione, e la camera piomba nel silenzio più assoluto. Tranne che per un ronzio. Cosa diavolo è?

Stiamo bene attenti, si sente aria che si muove (cit.). Ed ecco che il mistero si fa chiaro come una spiaggia pugliese nel mese di agosto. Quel beep-beep indicava l’accensione del condizionatore d’aria! Mia madre, spostando qualcosa nel cassetto, ha premuto il pulsante d’accensione del condizionatore, che di conseguenza ha cominciato a buttare fuori aria fredda per (quasi) tutto il pomeriggio. Non che fosse fredda davvero, altrimenti probabilmente me ne sarei accorto un po’ prima.

Consiglio per tutti voi: se vi dovesse mai capitare di sentire un beep-beep in casa vostra, non ignoratelo come ho fatto io. Dipendentemente da quello che avete in casa vostra, potrebbe anche essere qualcosa di spiacevole.

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My daily work

[Consulente, cronache] Energie svuotate

Ho passato gli ultimi tre giorni della settimana scorsa a Rovereto (TN), in missione speciale per conto della società per la quale lavoro. Tre giorni passati con altri tre miei ‘colleghi’ a presentare e a dimostrare l’affidabilità (?) del sistema che abbiamo prodotto, io e tanti altri. Mi sono divertito: sono state giornate pesanti e stressanti, ma anche molto soddisfacenti per il cliente. E di riflesso per me.

Voglio fare un discorso lungo da fare, cercherò di essere breve, ma dubito di riuscirci come vorrei. Ci proviamo (*).

Mio padre, quando non era ancora in pensione come oggi, lavorava come falegname in proprio. Era in società con uno dei miei zii. Avevamo un grosso laboratorio, costruivamo cucine/salotti/camere da letto/mansarde/armadi e facevamo traslochi dappertutto. Per alcuni anni ho lavorato con loro, sia da ragazzino (durante le ferie estive al termine della scuola), sia un po’ più da grandicello, prima che trovassi lavoro. Ho sempre avuto l’impressione che mio padre e mio zio avessero due stili di lavoro diversi: il primo stava soprattutto in sede, il secondo era quello che se ne andava in giro a consegnare direttamente dal cliente.

Credo di aver ereditato da mio padre questo approccio: preferisco un lavoro con un posto dove sentirmi a casa e a mio agio. Preferisco esser parte di quella specie di ‘routine’ che mi fa svegliare ogni mattina con il cervello spento, sapendo che dovrò andare in un posto amichevole. Ho bisogno di quella tranquillità mentale che poi inevitabilmente mi fa lavorare anche meglio e mi fa essere più affidabile verso tutti coloro che lavorano con me. Il che per me è essenziale.

Viceversa, se ogni settimana mi dovessi svegliare per andare in un posto diverso, probabilmente dopo un po’ impazzirei e mollerei il colpo. Sono un ragazzo frenetico, che si preoccupa molto e che prende molto a cuore il proprio lavoro, e non credo di essere in grado di gestire da vicino più di un progetto contemporaneamente. E, parlando seriamente, sento che potrebbe andarci di mezzo anche la mia salute, perchè mi sento appiccicato addosso stati d’ansia che non vivevo da un po’.

Credo che tutti questi discorsi non vadano molto d’accordo con il mio stato di consulente esterno. Ma così è, e non credo di poterci fare molto. Quando sono tornato dalle ferie, mi sentivo pieno di energie; energie che volevo investire in diverse attività, volevo allargare i miei orizzonti e fare esperienze in altri rami dell’informatica. Ma oggi tutte queste energie sono andate a farsi benedire.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, che tipo di ‘consulenti’ siete.

Siete di quelli che se ne vanno sempre in giro, che ogni giorno hanno a che fare con clienti diversi, oppure siete il classico tipo che si affeziona ad un progetto, che non potrebbe fare a meno dei soliti colleghi? Imparete a memoria i tempi di percorrenza del tratto autostradale ValTidone-Lorenteggio oppure Lodi-Melegnano, oppure bazzicate tra aeroporti/filobus/taxi?

(*) : ‘Non esiste provare. Esiste solo fare.” (cit.)

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.NET World

Se ActiveSync non vi parte, date un’occhiata al firewall

Questa mattina mi è successa una cosa strana e mai accaduta prima. Ho dovuto installare sul notebook della mia collega Raffaela (non è un errore di battitura: due effe ed una erre sola) ActiveSync 4.5, perchè aveva bisogno di copiare certi files all’interno della SD. Scarichiamo l’installer, lo lanciamo e riavviamo il PC.

Al riavvio, non c’è alcuna icona di ActiveSync nella tray-bar di Windows XP. Strano, non mi è mai successo. Proviamo a connettere comunque il palmare via USB, andiamo in Risorse del Computer, facciamo doppio-click sull’icona Dispositivo Portatile. Appare un messaggio di errore che adesso non sono in grado di dirvi. Diceva qualcosa del tipo: “Impossibile avviare la comunicazione a causa della mancanza di servizi essenziali“.

Ho fatto qualche ricerca su Google durante la mattinata e ho scoperto che l’installer di ActiveSync si occupa di configurare il firewall di Windows nel modo seguente:

Effettivamente sul mio PC di sviluppo è così, idem a casa e su tutti gli altri PC su cui ho installato ActiveSync.

A volte invece (devo capire quando, probabilmente quando qualche servizio di sistema è spento/disattivato) questo non accade: l’exe di ActiveSync non parte nemmeno e la connessione al palmare non avviene. Non ho provato ad impostare manualmente il firewall – la giornata è stata presa da altre attività.

La quattro voci evidenziate qui sopra fanno riferimento a questi tre eseguibili ed alla porta:

  • ActiveSync Application
    C:ProgrammiMicrosoft ActiveSyncWCESMgr.exe
  • ActiveSync Connection Manager
    C:ProgrammiMicrosoft ActiveSyncwcescomm.exe
  • ActiveSync RAPI Manager
    C:ProgrammiMicrosoft ActiveSync
    apimgr.exe
  • ActiveSync Service
    Porta 26675

Se dovesse capitare anche a voi, quindi, sapete dove andare a guardare.

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My personal life

Serate in cui vorrei essere altrove

Questa serata è una serata strana, e ho voglia di scrivere. Volevo isolarmi, ed allora mi sono infilato le mie cuffie. Odio gli auricolari, perchè non li trovo comodi, e non posso alzarli ad un volume esagerato come voglio io perchè dopo un po’ mi friggono le orecchie. Odio anche Windows Media Player, perchè non fa la cosa più semplice che ci si aspetta da un player multimediale: ho un catalogo di non so quanti mp3, ma non riesco a farne il play in modo completamente casuale. Da un paio di settimane ho scaricato ed installato iTunes, con il quale mi trovo mooolto più comodo. Se vi state chiedendo che tipo di musica ascolto, vi risponderò in modo semplice e rapido: fatevi i fatti vostri. 🙂

La TV in camera mia è accesa su Italia 1. Scorrono le immagini di Van Helsing, film che non ho mai visto e che neanche stasera ho voglia di vedere. Così le immagini scorrono senza che io le possa sentire, perchè i Green Day – oops, mi sono svelato, mi urlano nei timpani. Scrivo questo post, ogni tanto mi giro solo per vedere il volto di Kate Beckinsale – o come diavolo si scrive – attrice bella figliola.

Questa è una serata in cui vorrei essere altrove, ecco perchè mi sono isolato. Almeno con la musica mi sembra di viaggiare un pochino. So già che quando mi toglierò le cuffie mi sentirò spaesato ed avrò le orecchie calde.

Se non voglio essere dove, allora dove vorrei essere? Una rispost(icin)a ce l’ho anche, ma ormai il dado è tratto ed indietro non si torna più. Ci sono momenti in cui ti sembra di aver fatto il passo più lungo della gamba, altri in cui invece ti accorgi che te ne sei stato immobile ed invece avresti potuto fare un balzo da leone e diventare l’eroe del giorno.

Ma – come ho detto – ormai quello che ho deciso è quello, e quindi è inutile piangerci su. Anche perchè probabilmente se tornassi indietro prenderei la stessa decisione, e passerei un’altra serata come questa.

Ma la prossima volta cercherò di essere in quell’altrove.
Solo la prossima volta.

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Hardware

Ecco un hard disk multimediale con i fiocchi. Lo voglio.

Non sono mai stato un fanatico degli hard-disk multimediali, perchè non scarico films in DivX e ho pochi mp3. Ma ultimamente nella mia famiglia sentiamo l’esigenza di condividere foto e video scattati e girati nelle gite e vacanze fatte negli ultimi anni. Ho già un NAS in casa che tramite tanti share di rete permette a tutti di visionare il materiale contenuto, però in questo momento bisogna per forza usare un PC.

Questo 4Geek Medley HMR-500 mi risolverebbe un sacco di problemi. Sostanzialmente è un hard-disk multimediale che può riprodurre sulla TV foto e video. Ma fa molto di più: può usare un disco SATA interno (non incluso di default – grazie Ste’), può connettersi alla LAN tramite RJ-45 o tramite WiFi, può registrare dalla TV salvando su disco il video, ha un telecomando per renderlo più user-friendly, ha una porta Firewire per la connessione di telecamere digitali. Tramite aggiornamenti al firmware può diventare ftp server, web server ed un client BitTorrent. Ha addirittura un software di editing video che magari può essere utile.

Credo proprio di essermi innamorato di questo prodotto. Credo proprio che lo prenderò!

Link : http://www.pixmania.com/it/it/906811/art/4geek/medley-hmr-500-hd.html

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My personal life

Gregson-Williams, una famiglia di musicisti

Durante il weekend mi è capitato sotto mano il DVD di “Gwin – La principessa dei Ladri“, un film semi-sconosciuto con Keira Knightley. Non è un film che ho comprato, dalla confezione sembra più che altro uno di quei DVD che si trovano in allegato nelle riviste.

L’ho voluto provare sul mio PC, per vedere se funzionasse oppure da cestinare senza troppi ripensamenti. Lo inserisco nel lettore e premo Play su Windows Media Player. Il film parte. Mi piace leggere i titoli, sia di testa che di coda, perchè trovo interessante leggere i nomi di chi ha contribuito alla sua creazione. In “Gwin – La principessa dei Ladril’autore della colonna sonora è un certo Rupert Gregson-Williams.

Il nome mi colpisce, mi ricorda qualcuno ma non so bene chi. Ci penso su, poi nella testa mi immagino la sigla RGW, composta dalle iniziali del nome e del cognome del tizio. Mmhh, ci sono quasi, ma non è proprio così. Spremo le meningi…la sigla che conosco in realtà è HGW. Sfoglio una cartella in locale, raggiungo un file mp3 e nei tag ID3 vedo effettivamente che il suo autore si chiama Harry Gregson-Williams. Il file mp3 in questione è uno dei tanti che compone la colonna sonora di “Call Of Duty 4 – Modern Warfare”, uno dei miei videogiochi attuali preferiti.

Quando faccio il collegamento, sparo la frase: “L’autore delle colonne sonore di questo film è il fratello di quello che ha fatto le colonne sonore di Call Of Duty 4”.

Non che ci voglia un colpo di genio: hanno lo stesso cognome, ma nomi diversi.
Questo pomeriggio ho fatto la verifica su imdb.com.

Harry Gregson-Williams
Rupert Gregson-Williams

Sì, sono fratelli inglesi. Harry è il maggiore (nato nel 1961), Rupert il minore (1966). Entrambi vantano un curriculum di tutto rispetto, nel cinema e nei videogiochi. Bella lì, fratello!

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Software

Pensavano che andasse diversamente?

Certe notizie mi lasciano perplesso. Non ho capito…i giornalisti pensavano che nel giro di un mese il popolo di Internet si mettesse a disinstallare Internet Explorer o FireFox per usare il nuovo browser di turno? Si vede proprio che l’ignoranza informatica in Italia dilaga davvero. L’uscita di Google Chrome ha avuto un solo effetto, probabilmente: quello di far alzare il valore delle azioni di Google. Su tutto il resto, di strada da fare ce n’è ancora molta.

Notizia : http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial1326132.html

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My daily work

[Consulente, cronache] Un viaggio verso Milano che poteva anche essere normale

Circa una settimana fa sono rientrato in contatto con un mio vecchio compagno delle superiori, tale Claudio B., che su Facebook mi ha detto di fare il mio stesso lavoro ma in Toscana. “Guadagnerò meno di te” – mi ha detto – “ma sicuramente vivo meglio”. Nemmeno lui sa quanto questa cosa sia vera.

Ieri raggiungere Milano è stato davvero un incubo. Sono partito alle 8:00 da casa e ho raggiunto il mio ufficio alle 10:30 circa. Due ore e trenta minuti di viaggio, contro l’oretta scarsa in un normale giornata lavorativa.

Non so identificare il motivo esatto. Probabilmente, a causa di un fantomatico sciopero ATM, tutti i pendolari hanno preso la loro auto. Risultato, tutte le strade si sono intasate oltre ogni limite. Oppure, il concerto dei Coldplay al Datchforum ha richiamato un po’ troppe persone a Milano.

Il traffico ha colpito dappertutto: dal casello di Melegnano, passando dall’imbocco della tangenziale Ovest fino all’uscita di Famagosta, a poca distanza del già citato Datchforum.

Dovevo essere in ufficio prestissimo per completare dei test, dai quali dipendeva l’esito di due riunioni di questa mattina e di questo pomeriggio. Test che sono parzialmente falliti, che mi hanno fatto andare in bestia e che mi hanno letteralmente rovinato la giornata. Chi lavora nei piccoli centri, o a pochi chilometri da casa, chi non ha a che fare con mezzi di trasporto pubblici, queste cose se le scorda.

Accuso molto questi fatti, perchè poi arrivo tardi al lavoro, arrivo già stressato, mi perdo il caffè mattutino con colleghi & colleghe. Insomma, le giornate inizia indubbiamente nel peggiore dei modi.

E siccome dopo un po’ sono andato veramente fuori di testa, ho scattato qualche fotografia per documentare l’incubo.
Chiaramente su Flickr.

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My daily work

[Consulente, cronache] Reazioni emotive causa bug

Non so se sono io ad avere uno strano comportamento mentre sto lavorando, o se sono i colleghi che fraintendono il mio tipico atteggiamento. Allora, lo scenario è più o meno questo. Sto lavorando sul codice di un software che è già in produzione da mesi, ma che richiede ogni tanto qualche piccolo bug-fixing, o nuovi sviluppi per far fronte alle customizzazioni o alle richieste del cliente.

Quando si scopre un bug, piombo in uno stato che agli occhi degli altri sembra essere di estrema preoccupazione, ansia, o probabilmente una certa agitazione per un’apparente incapacità di risolvere il problema. Questo atteggiamento è indipendente dalla gravità del bug stesso.
In che stato cado, vi starete chiedendo?
Beh, esso è caratterizzato da un insolito silenzio, rotto occasionalmente da una voce molto più bassa del solito, da un continuo massaggio alla mascella e dalla presenza di una fronte corrugata. La distanza occhi-monitor diminuisce del 30%. Mi passo le mani fra i capelli. Scrivendolo e rileggendomi adesso in questo post, probabilmente è vero: sembro essere un po’ più teso di quello che dovrei essere.

I colleghi ne deducono che io sia preoccupato per la paura di inserire bug nel codice, che poi scatenano le “ire funeste” del mio capo-progetto. Non è così. Penso di reagire così perchè prendo il mio lavoro abbastanza seriamente: se tutto fila liscio come l’olio, allora trovo il tempo di parlare, ridere e scherzare. Ma se qualcosa mi mette i bastoni tra le ruote, allora divento un po’ più serio, e non riesco a tornare me stesso fino a quando non considero il problema risolto. Correggere un bug non significa solamente cancellare o modificare le linee di codice che lo generano: significa anche pensare a tutte le implicazioni che la nuova versione comporta. Per pensare a tutte queste implicazioni, ho bisogno di un po’ più di concentrazione, il che mi porta ad essere un po’ più introverso, isolandomi al punto che spesso non ascolto nemmeno più le conversazioni attorno a me. Nemmeno quando riguardano me, e nemmeno quando mi chiamano o mi interpellano.

Cadere in quello stato – insomma – non significa paura o timore sconsiderato: significa cercare di dare il massimo e prestare attenzione a tutto quello che posso. Significa rispetto verso il proprio lavoro, verso se stessi e verso tutti i colleghi con lavorano con te e che magari – a causa di un tuo errore – perderanno a loro volta un po’ di prezioso tempo.

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My daily work

[Consulente, cronache] Non è solo una questione tecnica

Ho sempre pensato che il lavoro che mi sono scelto faccia parte di un mondo piuttosto competitivo, almeno così lo vivo io. O forse non è tanto il lavoro in sè, quanto la città in cui lo pratico. Prima di accettare la proposta di lavoro che mi venne fatta, rifiutati diverse volte: un po’ perchè non mi sentivo all’altezza, un po’ perchè forse il progetto nel quale sarei finito non mi interessava più di tanto, un po’ perchè dove stavo prima stavo meravigliosamente. Alla fine ho detto sì, e sono felice di averlo fatto.

Essere scelti da una grande società come quella con la quale collaboro ormai da più di un anno e mezzo richiede un certo impegno. Questo impegno non riguarda solo aspetti puramente tecnicidi competenza e quant’altroma vanno un pochino oltre. Insomma, non basta secondo me essere solo bravi programmatori, avere le conoscenze giuste e conoscere a menadito il framework, tutte le sue classi e tutti i suoi metodi. E’ un po’ come nel mondo del calcio: per giocare in serie A non è sufficiente fare ottimi passaggi, saper dribblare, tirare in porta e fare venti goal a campionato. Devi avere qualche caratteristica in più…come saper parlare davanti ai giornalisti, essere cortesi con l’intervistatore, vestirsi in giacca & cravatta per andare a Controcampo, probabilmente posare per qualche rivista di moda e così via. La stessa cosa credo che valga anche per noi.

Credo che lo stesso valga per noi consulenti informatici. Non basta scrivere bel codice, bisogna anche saper lavorare in team grandi, saperti incastrare al posto giusto, sopportare pressioni diverse, fare presentazioni ed accettare responsabilità un po’ più alte.

Per questo, io mi sento di consigliarvi una cosa. Se doveste ricevere proposte che vi fanno paura o timore, perchè magari arrivano da aziende grandi, non fatevi troppe paranoie riflettendo troppo se siete bravi oppure no. Quello conta sicuramente, ma con lo studio ed un po’ di impegno tutti noi possiamo raggiungere un certo livello di competenza, a meno che non siate davvero negati per questo lavoro. Pensate se siete la persona davvero giusta per quel ruolo in tutti i sensi, dalla A alla Z; pensate a tutte le implicazioni che un ruolo di un certo tipo comporta. Pensate che il vostro ruolo potrebbe crescere, o cambiare, o allargarsi, sia per volontà vostra che per volontà di chi sta sopra di voi.

Io durante le vacanze, mentre galleggiavo nell’acqua salata del mare, certi ragionamenti me li sono fatti. Non voglio passare tutta la mia vita a scrivere codice, e non perchè si tratta di C#. Ma proprio perchè la scrittura di codice comincia a starmi qua (disse Igor indicando la sua gola).

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