Parte 1
Il luogo prestabilito per l’incontro era un locale jazz come tanti in città.
Si chiamava The Killer Man. Nome altisonante e che avrebbe dovuto far paura. Ma non a lei.
Tania ci andò vestita come al solito: comoda ed attraente come piaceva a lei. Jeans attillati a vita bassa, una t-shirt rossa con ben in evidenza il fiore Guru e scarpe da ginnastica. Si era anche truccata – cosa che faceva solo in due occasioni: se aveva abbastanza tempo per farlo e solo se la persona che doveva incontrare lo meritava. Non portava armi – non pensava che ne avrebbe avuto bisogno.
Tania stava andando all’incontro sul taxi guidato da Roland. Si considerava fortunata ad avere Roland come partner per questo tipo di lavori. Il fatto di avere una persona di fiducia la aiutava a rilassarsi e a sciogliere un po’ la tensione.
Il taxi si fermò davanti al locale. Tania osservò che distava un centinaio di metri dalla chiesa dove si tennero i funerali di suo padre. Sorrise incupendosi un po’ per la strana coincidenza.
“Siamo arrivati, Tania. Va’ dentro, prendi quello che devi prendere ed andiamocene.“. – annunciò Roland.
“Tu il tuo accento russo non riuscirai mai a levartelo, vero? Un giorno o l’altro ci farai ammazzare!” – bisbigliò lei.
“Sai com’è, non è che tutti hanno soldi sufficienti per pagare un logopedista come hai fatto tu.“
“Ti riferisci alla mia erre moscia?“
“E a cos’altro sennò?“
“Non erano soldi miei, erano soldi di mio padre. Io ero ancora una ragazzina…“
“Un padre agente dell’FBI che ha avuto la bella idea di farsi ammazzare durante l’indagine di Carter. Non stiamo qui a parlarne, lo abbiamo già fatto altre volte. Muoviamoci.” – concluse lui stizzito.
La ragazza sospirò. Uscendo dal taxi, si chiese per la prima volta se Roland fosse davvero l’uomo giusto.
Parte 2
Quando Tania entrò nel locale, lo trovò molto simile agli altri centinaia di locali jazz della città. Un bancone, un sacco di bottiglie di liquori – molte di più di quanto ce ne fosse effettivamente bisogno – e una miriade di piccoli tavolini sporchi ed unti. Ed un barman vestito in modo elegante. Forse troppo. Più in fondo c’era un piccolo palcoscenico per le jam-session, con batteria ed un sassofono abbandonato in un angolo. Tania trovò l’uomo già seduto sul bancone che la stava aspettando. Lei si avvicinò lentamente, controllando la zona, e si sedette accanto a lui. Buttò lo sguardo sul Rolex originale che l’uomo indossava al polso sinistro. Le lancette indicavano supergiù le diciannove e quindici circa.
“Guarda sempre l’ora sull’orologio degli altri?” – chiese il suo interlocutore.
“Solo quando l’orologio lo merita.” – rispose lei. Fece una pausa. – “Salve, dottore.” – disse infine.
“Lo prenderò come un complimento. Salve, mia cara Tania.” – il tono di voce era asciutto e freddo – “Spero che sia venuta con il denaro.“
“Oh, certo. I patti io li rispetto sempre. Lei a quanto pare no.“
“A cosa si riferisce, mi scusi?“
“L’incontro doveva essere solo fra me e lei. Questi erano gli accordi.” – disse Tania glaciale.
L’uomo si guardò attorno in modo teatrale, evidenziando il fatto che nel locale c’erano solo loro due.
“Il barman. Lo mandi via, lei mi darà il cellulare e io le darò i suoi soldi. E’ semplice.“
Una strana luce brillò per un attimo negli occhi del dottore. Una luce di sconfitta e di ammissione di superiorità dell’avversario. Fece un gesto con la mano. Il barman verso un bicchiere di brandy ad entrambi e poi uscì dal locale silenzioso. Tania sperò che Roland lo vedesse e lo caricasse di mazzate.
Il dottore estrasse una busta gialla da spedizione da chissà dove e la consegnò alla ragazza.
Lei la aprì e diede una rapida occhiata al cellulare Nokia. Non se ne intendeva di tecnologia: capì solo che era spento e che era molto importante per la compagnia che l’aveva ingaggiata. Tania prese la sua busta con dentro i 50.000 euro e la consegnò al dottore.
“E’ sempre un piacere fare affari con lei, madame.” – concluse lui.
“Non mi piace il francese, e non sta facendo affari con me.” – osservò lei – “Io sono solo una messaggera.“
“Già, proprio una gran bella messaggera!” – esclamò lui, che adesso sembrava un po’ più rilassato.
Tania pensò che chiunque, con tutti quei soldi in tasca, dovesse sentirsi rilassato.
Buttò giù il brandy rimasto, salutò il dottore con un leggero sorriso ed uscì dal locale senza dir nient’altro.
Parte 3
Tania risalì sul sedile posteriore del taxi. Era ancora caldo. Consegnò la busta con il cellulare a Roland, che la appoggiò sul sedile accanto a lui. Poi l’uomo riaccese il motore – o forse non l’avevo mai spento? – e la riaccompagnò a casa.
“Il barman. L’hai visto?” – chiese Tania.
“Sì, è nel bagagliaio con un paio di tagli in faccia.” – rispose Roland guardandola dallo specchietto retrovisore della Ford. Dal taglio degli occhi, sembrava che sorridesse.
Il tragitto non durò molto. Attraversarono il megastore di elettrodomestici, poi inforcarono quella via stretta piena di cinesi con le loro lavanderie. Erano quasi le venti ed il sole stava calando velocemente. Alla fine, il taxi si fermò davanti al palazzo di Tania, un palazzo che una volta era stato elegante, ma che il tempo stava inesorabilmente consumando. Era pieno di rughe, acciacchi e malanni. Ma aveva un sacco di storie da raccontare.
“Ciao, Roland, alla prossima.” – disse Tania, avvicinandosi e baciando Roland sulla guancia.
“Ciao Tania. Quando ci vediamo per quel thè? Mia madre ci tiene tanto!“
“Dille che passerò…domani…facciamo…alle diciassette, ok?“
“Ok.“
Tania scese dal taxi. Nonostante la facesse innervosire, Roland era un grand’uomo. Un grand’uomo che l’avrebbe difesa e che l’avrebbe accompagnata ovunque ci fosse bisogno, persino all’inferno. Un grand’uomo che forse in posti e momenti diversi l’avrebbe persina amata.
Tania fece i primi gradini per entrare nel suo appartamento, si girò indietro giusto in tempo per vedere il taxi cominciare a svoltare verso destra imboccando Corsair Avenue.
Epilogo
Roland non fece mai in tempo a completare quella svolta.
Il cellulare Nokia nella busta cominciò a ronzare. Ma Tania non gli aveva detto che era spento? Era ancora dentro la busta, per cui l’uomo non vide mai sul display la scritta Chiamata in Arrivo. Un secondo dopo, il cellulare esplose, trascinando con sè Roland, il taxi e parecchie automobili lì attorno. Si formò una voragine profonda un paio di metri.
Tania da lontano sentì l’esplosione e ne vide il bagliore. In un primo momento, non volle crederci. Corse per la strada a perdifiato come fosse Usain Bolt. Erano solo 500 metri, ma a lei sembrarono 5 chilometri. Quando arrivò, sentì puzza di plastica bruciata e vide rottami ovunque. Lamiere contorte, cartacce, una scarpa. E sangue. Sangue di Roland. E del barman, pensò un attimo dopo.
E non c’era nessuno da salvare.
Roland era sì un grand’uomo.
Un grand’uomo finito spappolato sull’asfalto tra Corsair Avenue e Byte Road.
A Tania cominciarono a tremare le gambe. Sentiva già le sirene della polizia.
Si guardò attorno, e vide il cellulare Nokia a venti metri di distanza, perfettamente intatto.
Si chiese cosa avrebbero fatto suo padre, o Roland, in quella situazione. Non gliene importava.
Raccolse il cellulare e scappò via lontano.