Technology Experience

My personal life

I miei amici, le mie scorribande, i luoghi da visitare, un po’ di ironia

My personal life

Evoluzioni. Grazie a tutti, grazie a te!

Da qualche mese ormai la mia vita lavorativa è cambiata. Se ripenso al passato, a tutte le esperienze che mi hanno condotto fino a qui, mi rendo conto che ne ho passate di tutti i colori, nel bene e nel male. Ho lavorato all’inizio (circa 18-20 anni, durante la seconda metà degli anni ‘90) come assemblatore hardware pagato solo nei mesi estivi, ho fatto persino qualche mese lavorando con Autocad per MS-DOS, poi ho cominciato a muovere i primi passi come programmatore Visual Basic 6.0. Prima come dipendente qui a Sant’Angelo Lodigiano, per qualche anno, poi per quasi una decina d’anni come lavoratore in proprio (scrivendo e vendendo software miei – non potete immaginare l’orgoglio che si prova), poi come il classico consulente in partita iva (una volta entrato nel “girone infernale” delle società di consulenza che poi ti redirigono dal cliente finale). Ho conosciuto tantissime persone nel mondo delle community di noi developer (newsgroup, blog ed ovviamente anche community reali), e sono andato persino al funerale di un vecchio caro amico dev conosciuto su it.comp.lang.visual-basic (Ciao Lupo, non ti dimenticherò mai). Ho fatto il pendolare Lodi-Milano per molti anni, insomma, al punto che nel 2009 avevo (quasi) deciso di mollare tutto. Troppo lo stress, troppa la stanchezza di prendere la macchina tutti i giorni, troppo lo sbattimento di svegliarsi alle 6:30 del mattino per cominciare a lavorare davvero alle 9:00. Sono passato da vicende che oggi definisco tranquillamente di mobbing, sono rimasto bloccato nel traffico delle tangenziali per troppo a lungo, in mezzo alla nebbia, alla neve, con gli occhi incollati sugli stop rossi dell’auto che precede. Voi direte: come sei viziato! Facevi un lavoro che ti piace e ti lamentavi pure!!!! C’è gente che un lavoro non ce l’ha, tu sei fortunato!!! Io penso che un lavoro ti può pure piacere alla grande, ma se questo lavoro alla fine ti stanca e ti toglie vita privata, al punto che il sabato non hai più voglia di uscire, non hai più voglia di conoscere persone, nè di incontrare ragazze, c’è qualcosa che non va. “Un lavoro di qualità non può venire prima di una vita di qualità” – dice qualcuno – ed io quella vita di qualità non ce l’avevo proprio.

Ognuno di noi ha una propria soglia di sopportazione delle cose.
Io quella soglia l’ho raggiunta nell’estate del 2009.

Quell’anno, al rientro dalle ferie estive, ho cominciato a lavorare in Brain-Sys, piccola ma grande azienda che mi ha fatto davvero rinascere sotto tanti punti di vista. Grazie al lavoro da casa, ad una sola trasferta al mese, grazie alla partecipazione agli eventi di community, piano piano ho ritrovato me stesso. Il caro buon vecchio Liborio Igor.

Ma torniamo all’inizio di questo post. Da qualche mese ormai la mia vita lavorativa è cambiata. Ho superato dei limiti miei personali e caratteriali, limiti che credevo impossibili da raggiungere. Ho preso il toro per le corna ed ho affrontato le mie timidezze. Sono riuscito a parlare in pubblico, davanti a diverse decine di di persone, tra l’altro nella stessa saletta in cui il mio amico Lorenzo Barbieri esattamente una settimana prima aveva giust’appunto tenuto una sessione sul “parlare in pubblico” (non perdete la sua serie di post pubblicata su LinkedIn). Strano scherzo del destino, no?!? Ho cominciato a tenere corsi, davanti ad una, due, quattro, fino a dieci e più persone. Ho tenuto a Gennaio/Febbraio 2015 un corso serale sullo sviluppo di app per Windows Phone. I partecipanti dei corsi che tengo per OverNet a volte sono lì fisicamente, altre volte collegate in videoconferenza, altre volte ancora un mix di tutto questo. E’ molto istruttivo, perchè ogni volta che si incontra qualcuno, si impara qualcosa. E spiegando agli altri ci si rende che certe cose le hai capite davvero. E quando sistematicamente ti lasciano feedback positivi, rimarcando il fatto che trasmetti passione ed energia positiva, sono davvero felice e consapevole di aver fatto bene il mio lavoro. Sono davvero contento di me stesso, e non c’è nulla di più gratificante che rendersi conto di essere andati un pochino oltre i propri limiti. Mai e poi mai avrei creduto che un giorno avrei fatto tutto questo, dico davvero.

Devo ringraziare un po’ di persone, e sinceramente faccio fatica a stabilirne l’ordine. Beh, direi di partire da tutti noi di Brain-Sys, dai capi a tutti gli altri componenti del nostro gruppo. Senza il loro lavoro, non ci potrebbe essere di conseguenza il mio. Grazie a loro sono migliorato, sia da un punto di vista personale che professionale. Grazie alla mia famiglia, che mi sopporta, e che a volte fa fatica a capire il mio lavoro.

Ma c’è una persona speciale che devo ringraziare, una persona che da quando è entrata nella mia vita non ha fatto altro che portare luce e tanti tanti sorrisi. Sapete, solitamente si ringrazia la moglie o la propria ragazza dalle pagine di un libro cartaceo, o comunque in corrispondenza di una data particolare. Io no. Io voglio farlo oggi, in un giorno qualunque (e quindi allo stesso tempo speciale come qualsiasi altro), dalle pagine digitali del mio blog. Grazie Fede, di esserci e di esistere, di dare un senso alle mie giornate e di spingermi inconsapevolmente a diventare una persona sempre migliore. Se ho superato quei limiti, lo devo anche a te. Perchè tutte le volte che sono andato a dormire in ansia, pensando a quello che mi aspettava il giorno dopo – un ennesimo limite da superare, un piccolo gradino – ho pensato a te ed al tuo sorriso. Grazie incredibilmente per apprezzare il mio lavoro (che non è così banale) e grazie per esultare con me dei miei piccoli successi quotidiani. Grazie per i consigli che mi dai, e grazie anche perchè comprendi quando ho bisogno del mio tempo per studiare, per preparare slide o test di verifica. Dietro un uomo c’è sempre una grande donna, e quella donna per me sei Tu.

Oggi sono felice. Un po’ con la schiena rotta, ma felice.

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Bye Bye Twitter

E’ qualche mese che ci ragionavo su, ma nelle scorse settimana ho deciso di abbandonare Twitter. Ma lo faccio con calma, lo faccio come un fumatore che pian piano diminuisce ogni giorno la velenosa dose di nicotina che assume, per avvicinarsi lentamente allo zero, senza fretta e dando tempo al proprio organismo di abituarsi. Per questo motivo l’account è fisicamente ancora attivo, ma l’utilizzo che ne faccio è davvero molto diminuito nel tempo, ed è comunque strettamente legato ad un ambito lavorativo (molti RT, pochissimi tweet scritti di mio pugno).

E’ molto difficile per me cercare di spiegarvi il motivo con poche frasi.

Prima di tutto, mi sono reso conto di una cosa. 140 caratteri non fanno proprio per me. Cercare di esprimersi in questo modo è alla lunga frustrante; siccome bisogna essere concisi, si cerca sempre la battuta d’effetto, la frase sarcastica, il tutto secondo me usando un umorismo davvero malsano. Mi ero sempre detto: se hai la sensazione che Twitter sia un posto “sbagliato”, devi dare la colpa alle persone che segui, che evidentemente non fanno per te. Questo in una prima fase. Poi ho cominciato a dirmi: se hai la sensazione che Twitter sia un posto “sbagliato”, defollowa, ritagliati un Twitter su misura. Fai in modo – mi dicevo – che quando apri la timeline ti venga voglia di sorridere. Questa fase è durata per un po’, poi ho cominciato a stancarmi anche di questa. La verità è che Twitter non è più davvero il posto che fa per me, punto, senza scuse. Mi annoia, e trovo molto limitanti le interazioni che si possono avere su questo social network. Ma non è tutto qui, c’è molto altro da dire.

Twitter è una grande piazza, mentre la vita reale non è fatta in questo modo. La vita è fatta da un contesto ben preciso alla volta, mai contemporaneamente. Ci sono momenti in cui ti trovi con i tuoi genitori, altri in cui sei solo con la tua ragazza, altri in cui stai lavorando con i tuoi colleghi, altri ancora in cui sei con uno o più clienti, oppure con perfetti sconosciuti su una metropolitana, e via dicendo. In tutti questi contesti siamo sempre noi stessi, assumiamo probabilmente comportamenti diversi, perchè ciascuno degli esempi che ho elencato prima rappresenta una sfera più o meno intima/personale o pubblica (giusto Lorenzo?) in base alle persone con cui ci si sta rapportando. Twitter è completamente l’opposto ed è totalmente fuori assetto, e così vale per ogni social network. E’ una grande piazza in cui tutte le persone che hanno preso parte alla tua vita (ed a volte neppure quello, visto che ci sono anche perfetti sconosciuti) ti stanno ascoltando contemporaneamente, e questo genera davvero una serie molto spiacevole di accadimenti. Su Twitter mi hanno dato del razzista o del poco coerente ed ho litigato diverse volte su ogni argomento possibile ed immaginabile. Apri bocca contro qualcosa che non ti piace di Apple, e saltano fuori persone a cui non piacciono le mie affermazioni. Amen. Faccio una battuta su cinesi o giapponesi, e subito vengo bollato come razzista. Non fai RT, e qualcun’altro si offende. Amen. Credi di collaborare attivamente ed in modo proficuo con un’associazione no-profit, instaurando buoni rapporti, ed invece ti tagliano fuori da determinate iniziative. Parli con la ragazza che ami, e ti legge la ex di cinque anni prima. E’ come aprire la finestra e mettersi a gridare qualcosa al (tuo) pubblico intero. Se scrivi una cosa in forma anonima, giustamente non si capisce chi è il vero destinatario, con il risultato che mezzo pianeta pensa che il messaggio è rivolto a lui. Per me Twitter era prevalentemente un gioco. Ogni singolo tweet era per scrivere un mio pensiero in quel preciso momento ed in quel contesto, mentre troppe persone trattano Twitter come una “cosa seria”.
Ma io non sono i miei tweet.

Tutto è dettato dal fatto che la parola scritta ha più peso rispetto alla parola parlata.

E per fortuna che è così, dico io. Il problema è che su Twitter l’unico modo che si ha per esprimersi – come dicevo prima – è la battuta, il sarcasmo, l’essere pungenti. E non sempre è divertente. Troppo spesso si viene etichettati per un tweet, come se quel tweet rappresentasse il tuo pensiero dalla nascita fino alla morte. Nessuno pensa che quel tweet ha valore per quell’istante T, e non per tutta la tua vita. E così…ecco che ci si permette di dare del fanboy, oppure dell’incoerente, oppure del razzista, e via dicendo. Definizioni – ne sono certo – che nessuno si permetterebbe di dirmi in faccia, perchè fondamentalmente chi mi conosce sa che non nessuna di quelle cose (ok, un pochino fanboy lo sono). Invece su Twitter è così. Amen. Nessuno pensa che dall’altra parte ci può essere uno che si offende, uno a cui si alza la pressione, che si arrabbia, che ci rimane male, e che poi non ci dorme la notte.

La cosa interessante è che anche i mass-media ragionano in questo modo: oramai non c’è trasmissione TV che non abbia associato un account Twitter, oppure semplicemente un hashtag. Tutte, davvero tutte. Ancora una volta, anche loro credono alla parola scritta su Twitter, senza prendere in considerazione che l’assunto iniziale di Twitter è che la forma di comunicazione è in qualche modo “sporcata” dalla pochezza dei 140 caratteri. Presto se ne renderanno conto anche loro, spero. C’è tutto un mondo là fuori contaminato dai social network: quando parte un servizio al TG, c’è sempre riportato l’account del giornalista, parte un nuovo reality-show ed ecco spuntare l’hashtag per finire nei trend. Ne ho piene le scatole di tutto questo.

E, badate bene, anche io stesso sono caduto in questo giro eh. Spesso mi è capitato di leggere tweet e di reagire in malomodo, cadendo esattamente nelle vostre stesse colpe. Mi è capitato volutamente di scrivere un tweet sarcastico, giusto per guadagnare qualche RT o semplicemente per sentirmi figo. Mi è capitato di offendere o di riprendere qualcuno. Quindi non è sola colpa vostra. Quindi siamo tutti pari. Quindi meglio così.

E’ per questo che nel mio cuore Twitter è morto. Come ho sempre detto in altri frangenti, non vi impedisco di usarlo, perciò continuate pure a frequentarlo. Tolgo il disturbo io. Per me, per ora, Twitter rimarrà esclusivamente uno strumento lavorativo. Il defollow di massa è già partito da qualche settimana. E continua.

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Honda, Windows Phone, Bluetooth e amici di Dotnet Podcast

Quando a gennaio ho cambiato auto, l’ho fatto per diversi motivi. Primi fra tutti, la sicurezza, che la mia vecchia Opel Astra non mi garantiva più: pessimi fari, tergicristalli che non tergevano più, telecomando della chiave fuori uso da moltissimo tempo, molti guasti meccanici, etc. etc. Quando ho scelto quella nuova, non avevo un’idea precisa: avrei potuto acquistare un SUV, un’auto sportiva, una berlina, una station-wagon, e via dicendo. Alla fine la scelta è caduta su una Honda Civic, 5 porte, bianca, benzina, nell’edizione limitata YouTech (ovvero: particolarmente spinta sul fronte tecnologico, quindi: navigatore satellitare, bluetooth, e via dicendo).

A parecchi mesi di distanza, sono molto felice della scelta. E’ un po’ meno potente della mia Astra, ma vince su praticamente tutto il resto. L’aspetto tecnologico (d’altronde, il mio blog parla di tecnologia) mi è piaciuto fin da subito. Viaggiare sulla mia Civic è davvero molto divertente. Rispondere alle chiamate in vivavoce con il mio Windows Phone, avviare chiamate (pescando dalle chiamate recenti oppure dalla rubrica), inviare SMS senza usare le mani (grazie Cortana, come farei senza te!!!), il kit vivavoce che legge in automatico gli SMS in arrivo, utilizzare il navigatore satellitare, e via dicendo, rendono l’esperienza di viaggio davvero molto più rilassante rispetto ad una volta. Quando rimango bloccato in coda, una volta era un dramma, adesso molto meno (ma forse dipende anche dal fatto che non prendo l’auto tutti i giorni, quindi mi sono un po’ “disintossicato”).

Da qualche settimana, inoltre, ho sottoscritto nell’app Podcast di Windows Phone il feed RSS degli amici di DotNetPodcast, un podcast tutto italiano sulla programmazione, soprattutto con tecnologie Microsoft, con molti ospiti (molti dei quali miei amici di community) che spiegano ed illustrano tanti temi tecnologici, ciascuno nel suo campo di specializzazione.

E’ così che tornando da Verona ho seguito l’episodio n°14 di Alessandro Scardova, intitolato “Linee guida per realizzare UI e UX su misura”. Ed oggi pomeriggio, tornando dalla Valtellina per una trasferta di lavoro, ho seguito l’episodio n°3 di Mauro Servienti intitolato “NoSQL: non solo SQL”. E un po’ di tempo fa, questa volta da casa, mi sono fatto acchiappare dalla puntata di Andrea SaltarelloDDD e CQRS per tutti”. Davvero una gran figata!

E’ davvero molto comodo seguire questo tipo di podcast dalla propria automobile, perchè mantiene svegli, e comunque si “investe” il tempo che di solito si passa guidando passivamente imparando ed ascoltando un po’ di cose interessanti, temi che riguardano il proprio lavoro ed il tempo libero.

Grazie ad Honda, grazie a Windows Phone, grazie a Bluetooth.
E grazie agli amici di DotNetPodcast.

Nota tecnica: se volete anche voi seguire questo podcast con l’app Podcast di Windows Phone, non fate come me. Quando lanciate l’app e raggiungete la casella “Trova Podcast”, non incollate l’url del feed RSS (per la cronaca, questo: http://dotnetpodcast.com/feed/RSS), ma fate una semplice ricerca scrivendo per esempio “dotnet podcast”. Solo procedendo in questo modo potrete in un secondo momento sottoscrivere il podcast!

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La vendetta dell’Estate 2014

Oggi è un lunedì, ma non è un lunedì qualunque. Oggi è il 1° Settembre. Questo significa che anche Agosto è alle spalle, ed Agosto per me rappresenta da sempre il mese delle vacanze, il mese del mare e della Puglia, delle fatidiche due settimane durante le quali si suppone che un individuo debba rilassarsi e riguadagnare tutte le energie per affrontare un anno di lavoro. Niente di più falso, ma questa è un’altra storia. Per me quest’anno significa qualcosa di più.

L’estate 2014 è stata l’estate della vendetta, la vendetta sull’Estate 2013, che è stata segnata da diversi problemi di salute (ad oggi tutti risolti, per fortuna, e da un bel po’ di tempo), che non mi hanno permesso di andare via, di rilassarmi, eccetera eccetera. E’ stata l’estate delle visite mediche, degli esami del sangue, dell’ansia e del non dormire la notte, delle telefonate con gli amici che tentavano di tranquillizzarmi, dei 12 chili persi, della nausea e di molte altre cose ancora. Tutte brutte vicende ormai alle spalle, ma che mi hanno un po’ segnato, e devo confessarvi che ci penso spesso.

Non sono un tipo che ama avere un brutto ricordo di una data o di un luogo, per cui se il giorno X mi accade qualcosa di brutto, oppure nel posto Y ho vissuto qualcosa di storto, mi impegno con tutte le mie forze per rivivere quel momento o quel posto per vendicarmi: il ricordo deve essere sempre un sorriso, e mai una lacrima. Seguendo questo ragionamento mi sono organizzato l’Estate 2014 in un modo che probabilmente non riuscirò a fare mai più, per tutto il resto della mia vita.

Aprofittando del fatto che lavoro in una piccola società che mi permette di lavorare perennemente in home-working, la domanda che mi ha frullato in testa a maggio è stata: sarà possibile lavorare anche davvero in remoto, magari dalla Puglia, magari facendo tutto luglio e tutto agosto? Questa domanda ha posto alcuni problemi, a cui ho cercato di dare delle soluzioni:

  1. Connettività. Il campeggio in cui di solito alloggio mi aveva assicurato via mail di aver installato una rete WiFi gratuita, con copertura in tutte le piazzole. Idem il Lido, affacciato proprio sul mare.
  2. Non fidandomi, o comunque avendo poca fiducia nella qualità dei servizi esposti al punto (1), mi sono attrezzato con una chiavetta 4G TIM con 20GB mensili, con un costo di 30 euro/mese. Devo anche ringraziare per questo anche Sabrina, che mi ha permesso di raddoppiare i GB mensili fornendomi il numero di telefono della sua linea fissa, altrimenti i GB sarebbero stati solamente 10.
  3. Trasferte di lavoro. Trovandomi in Puglia, è piuttosto difficile raggiungere fisicamente i nostri clienti abituali, per cui mi sono organizzato, “sollecitando” tutti i lavori possibili ed immaginabili prima della mia partenza, in modo tale da poter trascorrere il tempo lavorativo pugliese senza particolari rischi di dover partire per il nord Italia da un giorno all’altro.
  4. Logistica. Rodi Garganico (Foggia) è una locazione alquanto scomoda. Il centro commerciale più vicino è a parecchi km di strada, e magari non tutti sono riforniti come sono abituato a vedere a casa mia. Per evitare viaggi e perdite di tempo, mi sono portato due zaini pieni di materiale: due notebook, due mouse, cd/dvd vergini, varie attrezzature di rete (cavi, modem, adattatori), cacciaviti, una copia del mio NAS di casa, cavi e cavetti di ogni tipo, e molto altro ancora. Qualsiasi problema avessi avuto in campeggio, avrei potuto reagire in tempi brevi (e qualcosa in effetti è accaduto).

Forte di questa preparazione strategica, sono partito, nella notte del 4 Luglio, arrivando in Puglia il 5 Luglio. E lì è cominciata la mia lunga cavalcata, durata per tutto il mese di Luglio ed Agosto. Sarebbe noioso raccontarvi giorno per giorno, per cui vi faccio un elenco di tutte le cose che mi hanno colpito, che ho fatto e che probabilmente non riuscirò mai più a fare.

  • Il periodo passato in Puglia è stato esattamente dal 4 Luglio al 18 Agosto. 45 albe pugliesi, passate per la stragrande maggioranza del tempo con mia madre, che adora il caldo, il campeggio e la vita da spiaggia. Omar al lavoro a Milano, mio padre con lui. Insomma, famiglia divisa in due.
  • Ho mangiato di tutto: pizzette, briosche con nutella ed alla crema, paste alle mandorle, tanti gelati. Ho fatto pause caffè, intorno alle 10 del mattino, a pochi metri dal mare. Ho bevuto vino rosso, ed ho fatto bere qualche bicchiere di vino rosso a mia madre, che non è propriamente amante del vino. Ho mangiato carne, pesce, formaggi. Questo in barba all’Estate 2013, appunto: tiè.
  • Ricorderò per sempre Termoli: il Ristorante Svezia, la stazione dei treni, la via dello shopping, il nostro parcheggio, rubato ad una Ferrari nera
  • In certi momenti, era dura: tu che ti dovevi svegliare e stare in campeggio a lavorare, mentre tutti gli altri andavano in spiaggia, al mare, era quasi insopportabile. Ma mi ficcavo in testa che la contro partita era essere a Lodi, in mezzo allo smog e al cemento, per cui mi consolavo subito.
  • Dal 4 al 10 agosto ho passato il tempo con te, Federica. E ricorderò i tuoi paesi salentini, il nostro mega raffreddore che ci ha colpiti nella nostra settimana, la nostra stella cadente, la nostra stanzetta, quel geco (?) che ti ha fatto spaventare, le nostre cenette, le nostre gite, il tuo modo di darmi le indicazioni, i nostri bagni al mare, le luminarie di San Donato di Lecce, le brevi chiaccherate nel cuore della notte, tutto il nostro tempo passato assieme. Ed anche la mia carta di identità che ti ho lasciato, e che mi hai rispedito a casa. Settimana indimenticabile, e spesso ci ritorno con i pensieri.
  • Ho portato la mia “nuova” auto, acquistata a Gennaio a Pavia, fino a Santa Maria di Leuca. Questa è una cosa che non dimenticherò mai, altrochè.
  • E’ stata anche l’estate delle corsette a piedi, dopo il lavoro, e solo se non faceva estremamente caldo. Uscivo dal campeggio, corsetta di circa 3-4 km sul lungomare, fino ad un altro campeggio. Ho smesso quasi subito per via del meteo e di qualche dolorino al ginocchio.
  • A proposito di meteo: è stato l’ideale per me che lavoravo, ma non per chi era lì in vacanza. Durante il mese di Luglio, ha piovuto spesso. Io godevo, perchè stavo al freschino; gli altri brontolavano, per via del mare mosso e del freddo, appunto. Ricorderò le belle foto che ho scattato, la veranda della dirimpettaia Michela che si è ribaltata a causa del vento forte. E vogliamo parlare dell’incendio che nei primi giorni di Luglio divampava a qualche centinaio di metri dal campeggio?
  • E’ stato l’anno dei mondiali di calcio in Brasile, che ho seguito malamente, perchè la qualità del nostro digitale terrestre era un po’ scarsina. Mi sono visto senza problemi la storica semifinale Brasile-Germania 1-7. Ma ho perso il goal della partita successiva, la finale, perchè il segnale era improvvisamente scomparso (Dio solo sa le imprecazioni che ha lanciato in quei momenti).
  • E’ stato l’anno delle uscite il venerdì sera con mia madre: paposce a Vico del Gargano, cenette a base di pesce a Rodi Garganico, dei mega gelati di Pizzicato, della pizza a Lido del Sole.
  • Mi sono tagliato due volte i capelli. Ok, può sembrare una sciocchezza, ma è una delle misure che mi fanno capire quanto tempo sia rimasto in Puglia. Sì, qui ci vuole un LOL.
  • La signora Elena, Teresa e Bruno ed i loro quattro figli (Michele, Rosa, Antonio ed Alessio), le chiaccherate con Rocco e Daniela (e la loro piccola Sofia, a cui ho scattato foto per il suo primo compleanno), Marco e Giusy, Michela e Salvatore, e via via tutti gli altri, non meno importanti. Grazie a Maria per i caffè ed il marocchino, e grazie al suo fidanzato Enzo. Ed un grosso in bocca al lupo per le loro vite ed il loro lavoro.
  • Il pomeriggio in macchina, con mia madre, sotto il diluvio universale, per raggiungere un centro commerciale a San Severo che proprio non si riusciva a trovare. Tutto questo per comprarmi dei vestiti più pesanti rispetto a quelli che avevo già…
  • Chissà dov’è adesso Damiano il bagnino, che mi ha rimproverato in uno dei primi giorni perchè andavo troppo al largo. Ed era lo stesso che poi veniva a chiudermi l’ombrellone mentre io ero ancora lì, perchè cercavo di andare via dalla spiaggia il più tardi possibile: il tramonto, lì dove sono io, è affascinante.

Parlando di lavoro, ho avuto diversi problemini.
Innanzitutto, non ringrazierò mai abbastanza me stesso per avere avuto la saggezza di comprare la chiavetta TIM 4G. La rete Wi-Fi del campeggio era davvero scadente, almeno se uno ci deve lavorare: velocità terribilmente bassa, sia in download che in upload, e soprattutto spesso e volentieri l’autenticazione falliva. Con la chiavetta TIM, invece, nessun problema. E’ solo grazie a questo che ho potuto lavorare con tranquillità.
L’altro problema riguarda Vodafone. Le telefonate che facevo o ricevevo cadevano inesorabilmente dopo qualche minuto. Questa cosa colpiva non solo me, ma anche tutti gli altri che avevano Vodafone come operatore telefonico. Ho segnalato la questione al servizio clienti, e nei giorni successivi pian piano la situazione è via via migliorata.
L’ultimo problema è stato uno smartphone improvvisamente morto (un vecchio Lumia 800), quello di mia madre, prontamente sostituito da un altro sostituivo che avevo portato con me.

Per tutto il resto delle cose, l’Estate 2014 è stata meravigliosa, ed in me vivono ricordi ed emozioni che saranno sempre con me. In uno dei miei ultimi giorni di vacanza ero immerso nel mare e mi sono chiesto: mi sono davvero preso la vendetta sull’Estate 2013? In quel momento non sapevo la risposta, ma questa sera sì. La vendetta è stata completa, terrificante ed assoluta: posso anche pensare a quel maledetto 2013, ma subito dopo mi compare un sorriso beffardo sul volto, perchè mi sono preso una grande bella rivincita.

Probabilmente ci sono altre miliardi di cose che potrei condividere con voi, o magari anche solo consegnare alla memoria di questo mio blog, ma non importa, finisco qui.

Estate 2013, ‘fanculo.
Oggi sorrido.

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La voce positiva delle cose non esiste

In realtà il titolo penso che contenga già una piccola menzogna, ma d’altronde su Twitter vi avevo promesso un post con questo titolo, per cui ogni promessa è debito.

Chiudete gli occhi e fate un attimo mente locale pensando al genere di prodotti che avete acquistato su Internet negli ultimi anni. Lo faccio anche io, e riassumo che ho acquistato:

  • beni materiali per il mio lavoro (tastiere, stampanti, modem e simili, hardware insomma)
  • beni materiali per la casa o il tempo libero (pneumatici per la bicicletta, lol, ma anche altre cose del genere casalinghi)
  • beni immateriali (biglietti per cinema, o per vari eventi sportivi, videogiochi, software, etc.)

Quante volte vi è capitato di dover andare sui forum perchè avete avuto qualche problema, soprattutto per quanto riguarda l’informatica? La stampante che non si installa, il modem che non si connette come dovrebbe, il videogioco che non si avvia o si schianta. Problemi di ogni tipo. Nel momento in cui andate sui forum, ecco che improvvisamente compaiono centinaia di migliaia di persone che hanno il vostro problema, o chissà quanti altri tipi diversi di problemi. Sembra che quel “prodotto”, di qualunque natura si tratti, non funzioni proprio di default e che quindi abbiate comprato una schifezza. Dite la verità: quante volte vi è successo? A me davvero tante, nel corso degli anni. Ok, i più furbi (ma direi che oggi è la normalità), probabilmente si informano prima, in modo tale da evitare esperienze negative di questo tipo.

C’è una cosa malsana in tutto questo. Su Internet, sui forum, sui newsgroup, si legge solamente delle cose negative. Perchè? Semplicemente perchè nessuno va sui forum a scrivere quant’è figo quel prodotto, come funzioni bene, come è stato semplice configurarlo, ma quel forum lo raggiunge solamente nel caso in cui qualcosa non vada. E’ una cosa malsana, e direi tranquillamente falsa. Parliamoci chiaro. Vi ricordate quando nella prima frase vi ho detto che il titolo contiene una menzogna. Eccola è proprio qui: non è del tutto vero. Se si va negli store di Amazon, oppure quelli per dispositivi mobile, oppure su Trip Advisor, potete vedere valutazioni o recensioni di ogni tipo, sia positive che negative. Ma francamente continuo a credere che “misurare la bontà di un prodotto o di un’idea ascoltando semplicemente ciò che dice la gente su Internet, contenga di per sè un modo sbagliato di procedere, perchè non rappresenta affatto, in quasi nessun caso, un campione rappresentativo”. In statistica la prima cosa che devi fare è raccogliere un campione corretto e rappresentativo, e questo non viene fatto MAI fatto sul Web. Credo che tutto ciò faccia parte della natura umana: supponete di essere in un ristorante e di mangiare da Dio spendendo poco. Chiamereste il cameriere facendo i complimenti per la cucina? O magari lo direste al momento di pagare? Probabilmente no. Invece siete più “stimolati” se ci sono ritardi nei piatti, oppure se trovate un capello nella pasta, oppure se trovate che il cibo sia piccante quando non avrebbe dovuto esserlo (vero mamma?). E’ come quando si andava a scuola: se si prende 3 in un compito in classe, scattava qualche punizione. Se si prende 9, “hai fatto solo il tuo dovere di studente”. Per farla breve: in certi casi dovete essere stimolati o ricompensati per dare la vostra opinione, in altri casi invece lo fate spontaneamente perchè vi sentire derubati, o presi in giro, o sentite di aver subìto un torto, per cui partite a mille con le proteste.

C’è un ultimo grave problema, in tutto questo. Che la voce di poche persone rischia (e di fatto per me lo è) di soverchiare la voce più silenziosa dei tanti. E quindi qualcuno potrebbe prendere provvedimenti per correggere la rotta ascoltando una voce sfalsata, che non dà affatto la giusta misura della situazione a cui deve porre rimedio. E lo stesso dicasi per noi acquirenti, chiaramente. Insomma, dobbiamo stare attenti: dobbiamo informarci con attenzione, ascoltando tutti, chiedendo un consiglio spassionato, e non solo basandoci su certe voci, di certi forum, di certe recensioni. Non fatevi traviare, ma abbiate tutti una vostra idea, una vostra opinione. Chiedete agli altri, ma ragionate sulle risposte che vi vengono date, calate ciò che vi viene detto in base alle vostre conoscenze, seppur scarse che siano. Siate propositivi, e non fatevi solo condurre stupidamente dai motori di ricerca. E qualunque cosa leggiate sul Web, sappiate che (imho) non saprete MAI cosa pensa davvero la gente, perchè la maggior parte non va ad esprimere la propria opinione. Ficcatevelo in testa.

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Kindle e Kindle Paperwhite

Giovedì pomeriggio ho acquistato il Kindle Paperwhite presso un punto vendita Mediaworld, sfruttando l’offerta volantino che lo metteva in vendita a 109 Euro, contro i 129 “ufficiali” del sito Amazon (50 euro in più rispetto al Kindle base). Ero già in possesso dal classico modello Kindle, ma il Paperwhite mi interessava per una serie di ragioni, alcune buone ed alcune invece che mi lasciavano scettico:

  • positivo: schermo retroilluminato
  • positivo: risoluzione più alta
  • positivo: più veloce e reattivo
  • negativo: schermo touch
  • negativo: il prezzo (il Kindle costa 59 euro, il Paperwhite costa 129: vale la differenza?). Come dicevo, alla fine io l’ho acquistato a 110 euro grazie a Mediaworld, sfruttando tra l’altro un buono sconto ed altre cosucce, per cui alla fin fine la spesa è stata anche inferiore

Rispetto al Kindle, il Paperwhite ha tutta una serie di vantaggi: innanzitutto lo schermo è retroilluminato. Nessuno ve lo dice (almeno, io non sono riuscito a trovare questa informazione in modo rapido), ma l’intensità della retroilluminazione è regolabile a piacimento, senza nemmeno troppi giri di click e menù. Se siete in spiaggia, spegnete la retroilluminazione, se siete al buio la accendete: per me che leggo (anche) la mattina presto, è una cosa molto interessante. E’ leggermente più pesante e spesso rispetto al Kindle base, ma nulla di che.

Seconda cosa: il colore di sfondo delle pagine è leggermente più bianco, e la risoluzione è più alta. Lo schermo sembra più vera carta, e la risoluzione più alta, per cui i caratteri sono più nitidi e leggibili.

La terza cosa, la più importante, e che mi lasciava scettico, è l’unione tra software e touch.
Faccio una premessa.

Il Kindle base dispone di una serie di bottoni hardware che ne consentono l’utilizzo:

  • sul lato sinistro e destro avete i bottoni per spostarvi di pagina in avanti (più grande) ed indietro (più piccolo)
  • sulla parte inferiore avete una specie di joypad: i tasti su/giù/sinistra/destra ed un pulsante OK al centro

Con questi pulsanti fate un po’ di tutto: leggete (ovviamente!), navigate nei menù e settate le impostazioni. Tutto passa attraverso questi pulsanti, quindi ogni minima operazione richiede un certo numero di click e navigazioni. Non che vi capiti spesso, almeno per l’uso che ne facevo io, però se vi capita è piuttosto macchinoso e rallentato.

Con il Kindle Paperwhite le cose sono ben diverse. Innanzitutto non ha alcun bottone hardware, se non quello per l’accensione. Tutte le operazioni passano attraverso lo schermo touch, che tra l’altro risponde quasi come il display touch capacitivo del vostro smartphone (lo schermo reagisce con qualche ms di ritardo, a dir la verità, ma l’input viene gestito correttamente). Quindi banali operazioni come l’inserimento della password del Wifi (ok, lo fate una volta sola), regolare l’intensità dello schermo, inserire un segnalibro o scrivere delle note sono molto molto più intuitive e veloci rispetto al Kindle normale. Vi faccio qualche esempio per chiarire le idee:

  • se volete andare alla pagina precedente, toccate il bordo sinistro della pagina; se volete aprire il menù, toccate il bordo superiore della pagina; se volete andare alla pagina successiva, toccate qualsiasi altra zona della pagina ( che di conseguenza è il 90% dello schermo 6” del dispositivo)
  • se volete cercare una parola nel vocabolario, con il Kindle dovete navigare con i tasti cursore per posizionare il cursore appena prima della parola interessata, ed aspettare la traduzione. Con il Paperwhite è sufficiente toccarla per 2 secondi ed il gioco è fatto
  • se volete inserire un segnalibro, con il Kindle dovete aprire il menù e navigare nella funzione per aggiungere/rimuovere un segnalibro. Con il Paperwhite basta toccare l’angolo superiore destro e confermare
  • se volete spostarvi da un capitolo all’altro, o comunque navigare velocemente all’interno dell’intero testo, con il Kindle base è di fatto un piccolo incubo indocumentabile, con il Paperwhite basta trascinare dal basso verso l’altro, appare una scrollbar orizzontale con un bel cursore da trascinare avanti ed indietro, tra l’altro godendo di una bella preview della pagina che avete raggiunto. Se vi va bene, toccate all’interno della preview, se no toccate fuori e rimanete dove siete. Questo è un punto fondamentale, secondo me, perchè a me capita spesso di studiare testi tecnici, che magari contengono parti che volete leggere più volte per farvele entrare bene in testa: questa funzionalità (di fatto mancante nel Kindle) è essenziale

Non vorrei dire una sciocchezza, ma quando ho acquistato il Kindle, non avevo incluso i due vocabolari italiano ed inglese che invece mi sono ritrovato sul Paperwhite. Entrambi vi danno il significato delle parole. Mi sarei aspettato che quello inglese mi traducesse da inglese ad italiano, ma non è così. Poco male. Tra l’altro, una cosa simpatica che fa il Paperwhite è aggiornare costantemente un documento chiamato “Arrichisci il tuo vocabolario”, aggiungendo tutte le parole che cercate man mano nei vocabolari. Non solo: vi permette di navigare su Wikipedia per avere più informazioni su quella parola. Immaginate di leggere un libro e ad un certo punto compare la scritta “Grande Guerra”: la cercate su Wikipedia…et voilà!!

Il software del Paperwhite contiene numerose altre funzionalità rispetto al Kindle base: vi stima quanto tempo manca alla fine del capitolo, o alla fine dell’intero libro. Tutto questo in base alla vostra velocità di lettura, chiaramente. Ha una sorta di cronologia degli spostamenti che fate all’interno del testo, per cui se balzate da un capitolo all’altro, potete ritornare sui vostri passi (una sorta di Back del vostro browser, per intenderci). Tutte le funzionalità sono davvero a portata di touch: grazie al menù apribile dal bordo superiore potete regolare tipo e dimensione del carattere, l’intensità della retroilluminazione, inserire delle note (feature praticamente non usabile nel Kindle base), navigare con i segnalibri, etc. etc. Il Paperwhite è anche un filo più reattivo e veloce.

Insomma, secondo me il Paperwhite è decisamente avanti rispetto al Kindle base. Lo schermo touch non è solo un “di più”, una mera feature tecnologica, ma è una cosa che ha permesso ad Amazon di aggiungere funzionalità davvero comode ed utili all’utente finale. Valgono i 70 euro in più rispetto al Kindle base? Sarò sincero: probabilmente no. E 50 euro? No, probabilmente no. Ma se siete appassionati di lettura, se potete permettervelo, se avete diritto a qualche sconto come è capitato a me, allora prendete il Paperwhite e sarete lettori più felici.

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My personal life

Ritornare a scrivere perchè

Il mio blog giace in uno stato morente, sebbene molte volte mi sia ripromesso di ritornare a scrivere come un tempo. I motivi sono tanti: ci sono i social network, che sono più immediati e pronti all’uso; il fatto di lavorare costantemente in home-working per assurdo mi tiene più concentrato sul lavoro, e quindi faccio più fatica a ritagliarmi del tempo libero per scrivere (dico “per assurdo” perchè quando parlo con gli altri di home-working una delle cose che mi viene detta più frequentemente è una cosa tipo “No no, io a casa non ce la farei mai perchè sarei troppo distratto” – per me è l’esatto contrario); per certi versi, non riesco neppure a mantenermi al passo con i tempi, per cui ho meno contenuti tecnici di cui parlare e bloggare. Seguo ovviamente ancora oggi tutto il mondo delle tecnologie Microsoft: Windows Phone, Windows 8.1, il nuovo Surface Pro 3, le Universal App di recente introduzione, il mondo cloud di Azure, ma diciamo che sono mesi in cui la mia testa è altrove, è un periodo di calo (sarà l’estate, la voglia di vacanze, sarà Lecce), e quindi tante cose mi passano davanti senza poterle approfondire sul serio.

Eppure, sono pienamente convinto che il blog è il mezzo che mi permette di esprimermi meglio. Non ho limiti di caratteri, non ho nulla di preimpostato, e posso spaziare decidendo di volta in volta di cosa parlare, e di come farlo, e di quanto tempo metterci, e di quanto spazio dedicarci. Tutti gli altri social (Twitter e Facebook in primis) mi incasellano troppo, mi limitano, vogliono racchiudere il messaggio che ho in testa in una forma standardizzata, più semplice e molto approfondita. Spesso vengono equivocato su Twitter, perchè 140 caratteri non bastano mai. Ho smesso di seguire persone perchè con loro vorrei consumare 1.400.000 caratteri, non 10.000 inutili messaggi da 140 caratteri l’uno. Ho sempre amato i testi lunghi, e non vedo il motivo per cui io stesso debba cadere nella trappola dell’essere a tutti i costi conciso perchè qualcun’altro me lo impone.

Dover comprimere il mio pensiero a botte di 140 caratteri mi costringe ad un processo di sintesi pazzesco, assurdo, inaudito, processo nel quale non sempre voglio infilarmi. Mi costringe a semplificare, ridurre, omettere, trascurare, fare di tutte le erbe un fascio, ed alla fine dei conti probabilmente finisco col dire cose che nemmeno penso davvero fino in fondo al 100%. Oltre a tutto questo, è più il rancore che ti rimane dentro, soprattutto quando cerchi di parlare con persone ed amici che sai essere in qualche modo spinosi, e che magari non la pensano come te su alcuni temi. Un messaggio breve ti costringe ad essere spiritoso, o sarcastico, o pungente, o polemico, e di conseguenza a snaturare il tuo vero messaggio. Un messaggio breve ti etichetta, e ne ho piene le scatole: è come se ciascuno di noi se ne andasse in giro con dei cartoncini appesi alla schiena con riportate le nostre caratteristiche principali, che sono quelle che traspaiono quando twittiamo qualcosa. Così io sarei quello che parla di questo & quell’altro, quello che odia la marca X ma non la Y, e così via. E quasi non abbiamo nemmeno più voglia di parlarci, convinti che tanto sappiamo già tutto l’uno dell’altro. E ci siamo ridotti all’assurdo: che spesso parte un tweet con un link che punta al testo completo del nostro pensiero (che sia un post su un altro social, oppure un articolo su un blog, oppure su un sito di notizie, o una immagine, e così via). Che tra l’altro è ciò che accadrà quando pubblicherò questo post. I social hanno tanti meriti, indubbiamente, ma a lungo andare stanno semplificando le nostre giornate trasformandole in tanti piccoli slogan; stanno sminunendo la nostra intelligenza e le nostre idee, e di conseguenza noi. A volte può servire (mangiare al McDonald non fa proprio benissimo alla salute, ma ogni tanto può starci, per carità), ma il più delle volte credo proprio che salvare la propria espressività evitando la junk communication (figo eh??) sia necessario.

Scrivere su un blog non ti dà assolutamente la certezza di essere chiaro, limpido e rispettoso nei confronti di ciò che hai in testa e che stai cercando di comunicare agli altri, ma almeno mi sento più libero e senza limiti tecnologici imposti dalla piattaforma che sto cercando di utilizzare. Almeno così non potrò colpevolizzare nessuno se non riesco a spiegarmi, se comunque sia entrerò in polemica con qualcuno, ma solo me stesso. Sul mio blog posso usare tutte le parole che voglio, fare esempi e paragoni, dare un contesto, essere più espressivo, e chi ne ha più ne metta.

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My personal life

Anche i byte hanno un’anima, su Amazon

Lo scorso weekend ho pubblicato un ebook intitolato “Anche i byte hanno un’anima”. E’ un racconto di fantascienza, scritto nel tempo libero, in circa un paio di mesi. Non sono chiaramente uno scrittore professionista, come ben sapete, ma mi diletto nella scrittura un po’ ovunque: qui sul blog, sui forum, ovunque ce ne sia bisogno. Scrivere questo tipo di racconti mi rilassa. Raccontare storie – con l’unico limite della mie capacità – mi diverte voi non sapete quanto.

E’ un ebook a pagamento, disponibile sui vari store di Amazon, sebbene il testo ovviamente sia in italiano. Riporto qui sotto la descrizione.

vShangai è una metropoli virtuale di milioni di abitanti, che in passato è sempre stata baciata dal sole, la cui popolazione viveva serena e tranquilla, senza disagi, attraversando i secoli seguendo i più avanzati algoritmi di illusione di libero arbitrio. Ma da qualche tempo qualcosa è cambiato. Qualcosa di malsano si è insinuato nel sistema hardware & software in cui vShangai è stata allocata, e da allora nulla è stato come prima. La pioggia digitale che imperversa sulla città da qualche settimana non accenna a diminuire, anzi, è sempre più forte ed insidiosa. I cittadini sono irascibili e nervosi. E’ come se ogni attività fosse dominata da una coltre di malvagità che colpisce tutti, esseri senzienti e non, byte e strutture di memoria più avanzate, dai software di sistema più basilari alle applicazioni più complesse. Qualcosa, o qualcuno, sta minacciando la città. E’ un nemico potente ed implacabile, che rimane nell’ombra, che si camuffa, che muta continuamente per far perdere le proprie tracce. Il suo obiettivo è quello di conquistare il vostro sistema, che si tratti di un notebook, di uno smartphone o di un tablet. Ed il raggiungimento di tale obiettivo è molto vicino.
Ma c’è un’entità, forse con permessi più alti rispetto alle altre, che decide di opporsi a questo stato di cose. Il suo compito non è affatto semplice, ed avrà bisogno dell’aiuto di un amico, per riuscire nel suo intento. Il destino dell’hardware e del software, del loro universo, è nelle sue mani. Ci riuscirà?

"Anche i byte hanno un’anima" è il secondo ebook pubblicato da Damiani Liborio Igor su Amazon. E’ un racconto breve di fantascienza, che prende libera ispirazione da film come Inception e Matrix. Nei suoi racconti, Igor parla di byte dotati di una loro vita propria ed hanno una visione del mondo (del loro e del nostro) del tutto unica e particolare. Vivendo all’interno di tutti i nostri device digitali – esattamente come noi viviamo sul nostro pianeta – essi provano emozioni, come ogni creatura intelligente. Possono essere felici o tristi. Ed hanno uno spiccato senso del dovere, nei confronti del sistema operativo ospitante.

Nel caso decidiate di acquistarlo, buona lettura!!!

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My personal life

Milano, la routine, la pioggia ed il Natale

Milano è una grande città, questo si sa e non c’è bisogno che ve lo ricordi. Eppure, nonostante le sue dimensioni di città a livello europeo, visito sempre gli stessi posti, seguendo quasi le stesse strade, gli stessi percorsi. Leggendo mesi fa un libro sul funzionamento del cervello umano, ho scoperto che abbiamo bisogno di routine, perchè il cervello funziona meglio. Ed inconsapevolmente è ciò che faccio. Da qualche anno, ormai, mi sono trovato un barbiere a Milano, e vado sempre lì, nonostante abiti in un paese a circa 30km di distanza, nonostante mi costringa, una volta al mese, a prendere l’auto, poi l’autostrada, la metropolitana. Eppure, tutto ciò non mi pesa, diciamo, perchè quando si lavora a casa tutti i giorni della settimana, durante il weekend un po’ di casino lo vuoi anche vedere e vivere.

E poi, ne aprofitto, per fare tante cose: per fare due passi, per entrare in qualche negozio, per vedere qualche bella ragazza, per respirare un po’ di aria inquinata. Come dicevo prima, poi, tutto ormai è diventato routine: parcheggio a San Donato Milanese, metropolitana, scendo in Porta Romana, mi taglio i capelli e poi via, da qualche parte. E’ solo a questo punto che prendo in considerazione qualche variante: se è estate prendo la bicicletta con il BikeMi (servizio eccezionale della città di Milano), oppure riprendo la metropolitana. Per arrivare in Duomo, il famoso Duomo di Milano. E poi via, due passi, in Galleria, oppure verso San Babila, visitando negozi conosciuti e perciò rassicuranti.

Solitamente, sono un tipo piuttosto mattinieri, e quindi bene o male tutto questo avviene il sabato, dalla mattina presto fino a mezzogiorno.

Ma d’autunno, o d’inverno, Milano dà il suo meglio nel tardo pomeriggio.

E’ una cosa che mi tocca il cuore, ed è davvero difficile spiegarvelo. Il cielo scuro, il look gotico del Duomo, imponente, che ti guarda, le vetrine dei negozi, gente che va e che viene con le borse piene di acquisti. Le strade con i sampietrini, che quando piove sono scivolosi, i tram ricolmi di gente. I grandi punti vendita delle catene di elettronica di consumo, dove trovi di tutto, e che per me sono una tappa obbligata. E poi, gente di ogni tipo: italiani, russi, giapponesi, cinesi, ragazze e ragazzi dell’europa dell’est oppure dell’america del sud: alcuni turisti, altri invece che vivono che vivono qua insieme a noi. Gente che magari senti parlare in un italiano perfetto, ed un secondo dopo parla con la moglie in una lingua che neppure riesci a capire da dove arrivi. E poi, i neri che tentano di venderti braccialetti della fortuna. Le tre linee della metropolitana, in cui molte volte mi sono “nascosto” ed ho cercato rifugio, in qualche bar a fare colazione, di fretta e furia. Immancabile poi qualche manifestazione proprio in Piazza Duomo: che si tratti di “un qualcosa di religioso”, oppure di chissà che altro, Milano è sempre viva, e ti fa sentire vivo.

Sotto Natale, poi, è ancora meglio. Tempo fa sono entrato nella Rinascente, sempre in Duomo, ed ho salito un piano dopo l’altro. Praticamente, è quasi tutto abbigliamento: uomo, donna, bambino, grandi stilisti, moda ultra-chic di ogni tipo. Quando sono arrivato all’ultimo piano, mi si è aperto il cuore: era già tutto addobbato per Natale. C’erano festoni appesi ovunque, abeti di qua ed abeti di là, presepi, luci colorate dappertutto. Mi è quasi sembrato di entrare in un villaggio natalizio, lontano anni luce dal centro di Milano. Milano è anche questo. Ed è anche jazz, mostre e musei di ogni tipo. E’ la città della notte bianca. E’ la città dove ho passato i miei ultimi capodanni all’aperto.

Adoro Milano, e francamente non potrei farne mai a meno. Se un giorno dovessi trovarmi dall’altra parte del mondo, probabilmente continuerei a cercarla anche laggiù.

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My personal life

Windows 8 è come una città

Ecco uno dei miei tanti deliri.

Ieri sera ero a cena a Milano, in un ottimo locale consigliatoci dall’amico Andrea Saltarello. Ero fuori con la famiglia, per festeggiare San Giovanni con qualche giorno di ritardo (per capirci: mio padre si chiama Giovanni). Dopo esserci riempiti lo stomaco come non mai, abbiamo fatto due passi. Ok, il ristorante è un po’ in periferia, quindi non è che la skyline fosse particolarmente suggestiva, ma ci siamo divertiti comunque: mia madre ha riconosciuto dei posti dove lavorava da giovane, mio padre mi ha fatto vedere la via dove a 19 anni partecipò alla sua prima gara ciclistica, e via dicendo.

Durante questa passeggiata digestiva, ho avuto un flash, chiaro e limpido come se ci fosse il sole.

Windows 8 è come una città.

Ottieni differenti punti di vista in base al mezzo di trasporto che decidete di utilizzare. Se prendete la metropolitana ragionate per fermate. Anche se prendete un tram ragionate per fermate, ma con una precisione maggiore rispetto alla metro. Se prendete un taxi, dovete già essere più precisi, fornendo al tassista via e numero civico. Se prendete una bicicletta BikeMi, potrete esplorare la città negli angoli e nei luoghi più remoti, a patto di essere allenati e di sapervi orientare. Se invece siete a piedi, probabilmente avete le stesse potenzialità di una bicicletta, ma con una gittata forse minore. In base al mezzo che prendete, vivete la città in modi diversi: in metropolitana vi accorgete della città solo quando riaffiorate in superficie: prima è solo un tunnel lungo e buio. Se viaggiate in tram, già le cose migliorano. Se vi spostate in bici o a piedi, vi accorgerete di ogni più piccola cosa: del cestino all’angolo, delle fragranze che arrivano dal panettiere aperto, dalla buca sulla strada che dovete schivare, fino ad arrivare alle grandi piazze, nelle quali arriva anche la metro. E chiaramente potete switchare da un mezzo all’altro, in base alle necessità: si arriva a San Donato Milanese in auto (per chi come me viene da fuori città), si prende la linea gialla, si arriva per esempio in Porta Romana; poi si inforca una bici BikeMi e si raggiunge Piazza Duomo, si fanno due passi a piedi. Poi si prende un tram, si scende, si entra in un negozio. Si riprende la metro e si torna a casa.

Insomma: si utilizza il mezzo migliore in base a ciò che si deve fare, ottenendo esperienze diverse.

Windows 8 è tutto questo.

Windows 8 è l’unico sistema operativo che offre diversi mezzi di trasporto diverse modalità di utilizzo: metro, tram e bicicletta tastiera, mouse e touch (e chissà cos’altro in futuro…Kinect? Google Glass? Lettura del pensiero?). Si utilizza l’uno e l’altro in base a ciò che si deve fare. Si switcha tra l’uno e l’altro in base a ciò che si deve fare. E tutto questo con lo stesso sistema operativo. Per questo motivo non hanno davvero alcun senso le critiche:

  • il pulsante Start NON deve esserci perchè l’interfaccia utente è orientata al touch
  • la Start Page NON deve esserci su sistemi desktop o server
  • il desktop NON deve esserci sui tablet Windows 8

Quello che dovete davvero capire è che un tablet con Windows 8 può tranquillamente diventare un portatile, un ultrabook, un netbook. Io ho un Asus Vivo Tab RT che è un tablet, ma al quale saltuariamente collego una tastiera ed un mouse, e lo utilizzo come se fosse un normale portatile. Vi farò una foto appena posso. Perciò, per favore, smettetela, smettetela, smettetela di dire cosa dovrebbe esserci o non esserci su Windows 8: ci deve essere tutto, perchè potete e dovete switchare da una modalità di utilizzo all’altra. In base a ciò che state utilizzate, vivete l’esperienza Windows 8 in modi diversi, esattamente come accade con una città ed i suoi mezzi di trasporto.

Se state usando il touch, sullo schermo ci andate solo con le dita, per cui avete una precisione di un certo tipo. Non riuscirete mai ad usare Excel con profitto, per esempio, però potete fare altre cose, sfruttare le gesture, eccetera eccetera. Se usate tastiera & mouse, siete davanti ad un normale PC: avrete la normale precisione del mouse. Windows 8 DEVE contenere tutte le modalità di utilizzo, perchè potete switchare dall’una all’altra.

Windows 8 è un software, e come tutti i software guidano il futuro. Perciò se è vero che un PC di oggi è piuttosto “stabile” come utilizzo (un portatile è un portatile, un desktop è un desktop), è anche vero che pian piano, col passare del tempo, questo scenario cambierà. Può essere che ci vogliano tre mesi, un anno, cinque anni.

Può essere che Windows 8 sarà protagonista in questo cambiamento, oppure no. Ma questa è la mia idea, semplice e pura.

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