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Lo spirito di community secondo il mio pensiero. Collaborazione, coordinamento, dialogo

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Community Days 2016, un evento davvero grandioso

Giovedì e Venerdì scorso si sono svolti i Community Days 2016. Forse voi conoscevate l’evento come Future Decoded, ma non me ne frega nulla: nel mio cuore essi sono e rimarranno sempre i Community Days. E’ stata un’edizione particolare, per diverse ragioni. Inutile dire che come al solito mi sono divertito, ho imparato cose nuove, ho incontrato gente, etc. etc. Faccio un elenco punto per punto giusto per recensire questa edizione e per evidenziare cosa mi è piaciuto e cosa no.

Location : Voto 7,5
Spettacolare la location, il Palazzo del Ghiaccio a Milano. Avrebbe potuto prendere un voto molto più alto (intorno al 9) se non fossi morto congelato (il primo giorno di più, il secondo un po’ meno, ma solo perchè mi sono coperto più io). Location raggiungibilissima con i mezzi (treno o auto), senza particolari problemi. Procedure di registrazione perfette (ok, le ragazze non trovavano mai il mio nome: una mattina ero solo “Igor”, il giorno dopo ero “Liborio Igor”, non oso immaginare se ci fosse stato un terzo giorno, o un quarto – LOL).

Cuffiette e radioline : Voto 9,5
La struttura con i 6 teatri aperti, senza pareti delimitatorie fra di loro, mi aveva lasciato un po’ così così. Non sono un amante delle cuffiette, per cui l’idea di sentire gli speaker attraverso di esse, isolandomi dal mondo, mi faceva storcere il naso. Opinione totalmente cambiata dopo averle provate. Qualità dell’audio più che sufficiente. La possibilità di cambiare canale, e quindi la possibilità di switchare per un attimo su un altro teatro (per capire se la sessione fosse già cominciata, per esempio), poter seguire la sessione anche allontanandosi dal proprio posto (per sgranchirsi le gambe, per rispondere al telefono, etc.). Bellissimo, comodissimo, geniale, da ripetere.

Evento troppo markettaro : Falso
Parliamoci chiaro. Se i Community Days si fossero svolti come da tradizione in sede Microsoft, ci sarebbero state solo aule piene di tecnici. Qua no: banchetti dagli sponsor, device esposti, un gran via vai di gente (tecnici, commerciali, signorine, etc.). Troppo comodo e sempliciotto definire markettaro un evento del genere. A me è piaciuto così. E’ giusto ogni tanto uscire dalle proprie corde, uscire dalla solita gente che si incontra nei soliti eventi. Se volessi una cosa solo ed esclusivamente per nerd, andrei altrove.

Keynote del primo giorno : Voto 6
La vera nota dolente dell’evento. Nulla da togliere ai vari amici della community e di Microsoft che si sono succeduti sul palco (non faccio nomi per non dimenticare nessuno), ma veramente scarsi gli altri partecipanti. Compito della keynote – per me che sono un tecnico – è quello di dare una visione, di entusiasmare, di farti venir voglia di giocare con tutto ciò che è Microsoft. Purtroppo sul palco sono intervenuti anche personaggi dal mio punto di vista poco carismatici, ed onestamente ne ho risentito. Ritengo più che giusto che siano intervenuti – mi rendo conto che gli sponsor hanno permesso di pagare la baracca e quindi pretendono il loro spazio – ma sarebbe stato opportuno trovare speaker più accattivanti per la platea.

Keynote del secondo giorno : Voto 10
Potrei scrivere: Scott Guthrie, e potrei tranquillamente fermarmi qui. Personaggio incredibile, ha cominciato a parlare in un inglese comprensibilissimo, e per quasi 3 ore ha tenuto banco con tutte le incredibili feature di Azure. Mi sono sinceramente commosso – non so perchè – con il filmato dei datacenter di Azure. Boh, vai tu a capirlo. Senza nulla togliere a Carlo Purassanta, AD di Microsoft Italia, con il suo discorso veramente ad ampio respiro (tecnologia, Pil italiano, industria, digitalizzazione del paese, etc.).

Schermi : Voto 9,5
Avete presente i mega-schermi della sede Microsoft? Beh, molto meglio quelli che c’erano al Palazzo del Ghiaccio. Innanzitutto non sono un mosaico di tanti schermi piccolini, ma erano schermi giganti. Molto più leggibili, molto più luminosi. Una goduria. Spesso stavo lontano dal teatro della sessione vera e propria, tanto leggevo ugualmente e con le cuffiette non ero costretto a stare vicino.

Amici, community : Voto 9
Grazie a tutti gli amici con cui ho chiaccherato, parlato di cose serie e di cose divertenti. Grazie per le risate durante la cena. Grazie per le tante cose nuove che ho imparato. Grazie a chi mi ha parlato di XAML, di Xamarin Forms, di Desktop Bridge, di SQL Server. Grazie a Nazareno per il video su Forza Horizon 3 (poi ho scoperto che andavo puntualmente in testacoda perchè il primo pedale a sinistra era il freno a mano). Grazie ad Alessandro, Erica e Matteo per la collaborazione/realizzazione nei video DevInPills. Grazie a tutti, insomma. Grazie ai capi per avermi permesso di partecipare. Grazie ad Andrea per avermi concesso in extremis la registrazione. E scusate se non sono riuscito a partecipare alla seconda cena, quella più “soft” e rapida, ma altri impegni mi hanno trattenuto.

Alla prossima, ragazzi, è un onore conoscervi e partecipare ad eventi del genere!!!!!

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Webete, che parola geniale. Grazie Enrico!

Oggi ritorno dalle mie ferie estive per scoprire che Enrico Mentana – noto giornalista – conia un vocabolo fantastico, “webete”, nato durante una delle sue discussioni su Facebook e che unisce il significato di web e di ebete. E’ una naturale evoluzione di “utonto”? Forse! Eppure per me webete ha un significato un po’ più profondo. L’utonto è quello che tecnicamente non sa fare qualcosa davanti ad un particolare dispositivo elettronico, che ti fa mille domande sciocche perchè va in panico, mentre il webete è perfettamente in grado di scrivere, pigiare bottoni, selezionare una voce da un elenco, ma causa più che altro danni a sè ed alla società.

Purtroppo, Facebook ne è pieno. Se non fosse per lavoro, e se non fosse per tante persone fortunatamente intelligenti fra i miei contatti che lo popolano, avrei abbandonato Facebook da un bel pezzo. A seguito di un qualsiasi fatto di cronaca (terremoto, attentato terroristico, volo aereo non andato a buon fine, treno deragliato, partita di calcio persa o vinta, alluvione, caso di malasanità, nuova legge, etc.), la bacheca di Facebook si riempie di scemenze colossali, di gente esperta che sa tutto. Facebook è pieno di gente che si spaccia per politici, allenatori, geologi, esperti di terrorismo internazionale, giornalisti, registi televisivi, e chi ne più ne metta. Parlo di Facebook, ma credo che questo ragionamento possa essere applicato tranquillamente ad altri social meno conosciuti.

Ne ho le scatole piene delle bufale. Voglio che tutti abbiano la possibilità di parlare, ma non voglio che idee malsane raggiungano un certo grado di visibilità. Non voglio che si diffonda la notizia che i vaccini facciano male ai bambini, oppure che i terremoti possono essere previsti guardando la conformazione delle nuvole in cielo, oppure che il canone rai da 100 euro fosse iva esclusa (quando in realtà è esente iva), non voglio. Nessuno dovrebbe volerlo.

Mi è stato fatto notare che posso combattere questo fenomeno delle bufale semplicemente rimuovendo dagli amici determinati soggetti. Sbagliato, non è lo strumento giusto. Non voglio rimuovere dagli amici un contatto semplicemente perchè scrive scemenze. E’ il post da eliminare e condannare, non l’intera persona. Credo che sia molto più utile un sistema basato sulle ricompense, che sarebbe tra l’altro lo stesso meccanismo dei giochi e dei videgiochi, o addirittura una metafora della stessa vita. Quando nasciamo, le possibilità che abbiamo a disposizione sono pochissime, non possiamo neppure uscire di casa senza il permesso dei nostri genitori. Man mano che cresciamo, e studiamo, e maturiamo, le nostre possibilità crescono: andiamo a scuola, poi entriamo nel mondo del lavoro, acquistiamo un’automobile o una casa, ci sposiamo, etc. etc. Tornando con i piedi per terra, e tornando al mondo digitale, suggerisco:

  • Un utente appena iscritto a Facebook dovrebbe poter postare un solo contenuto al mese, sulla falsa riga di ciò che fa YouTube con i video
  • Un utente dovrebbe poter segnalare un certo contenuto (quello che ho in testa è una lieve sfumatura di ciò che è possibile adesso)

Il mondo d’altronde è pieno di regole, perchè non dovrebbero esserlo anche i social? Qualsiasi aspetto della società è governato da regole, perchè non dovrebbero esserlo anche i social? Guidare, andare a scuola, lavorare, acquistare un qualsiasi bene, fare la spesa, fare la fila alle Poste. Ci sono regole dappertutto. Perchè Facebook – ed i social – sono l’unico posto in cui uno può liberamente postare testi, foto, video, bufale, senza alcuna penitenza? Qualsiasi strumento, dal sasso alla bomba nucleare, nelle mani dell’uomo diventa una potenziale minaccia. Servono regole, come è sempre stato.

Non sono completamente d’accordo su quello che mi hanno detto in tanti, cioè che non va rifatto Facebook, ma il cervello delle persone. E’ sicuramente la soluzione migliore, ma non è fattibile. Inoltre, è giustissimo che nascano e ci siano teorie più o meno strampalate su tutto lo scibile umano; vorrei solo che l’idea strampalata nascesse nel giusto contesto, crescesse nella direzione giusta, che venga stroncata nel piccolo se non è buona, ma che fiorisca come una rosa se l’idea è ottima. Oltre a tutto questo, non è assolutamente fattibile educare miliardi di cervelli allo stesso modo: è giusto che ci siano geni come Einstein, gente intelligente, gente mediocre, gente brava a fare una cosa piuttosto che l’altra, gente stupida, gente frivola, gente credulona, etc. etc. E’ il naturale stato delle cose, da quando esiste l’uomo su questo pianeta. Tutti devono parlare, tutti devono esprimere la propria idea, ma c’è un limite imposto dal buon senso, dall’educazione, dalla scienza, dalla religione.

E, per favore, non offendete la mia intelligenza se mi dite “gli ignoranti ci sono sempre stati, è sufficiente evitarli”, facendo confronti imbarazzanti con situazioni del mondo reale come il bar o le piazze dei nostri paesi. Perchè mi offendete e basta. Innanzitutto, per sentire una scemenza al bar occorre essere nello stesso posto e nello stesso momento insieme all’idiota di turno. E non è cosa da poco, credetemi. Nel momento in cui scrivo, nei bar di tutto il mondo vengono sparate una quantità colossale di sciocchezze, ma nessuno le sente, perchè non possiamo essere contemporaneamente ovunque. Il mondo reale, fortunatamente, ha dei limiti fisici che ci aiutano. Non è così per i social. Qualsiasi cosa scritta perdura nel tempo, infettando il web anche a ore e giorni di distanza. Follia. L’idea più sciocca viene scritta, raggiunge centinaia di persone, senza alcun filtro, viene condivisa da altri, a volte raggiunge la massa critica, in pochi minuti si potrebbe diffondere qualsiasi idea malsana, dal finto attentato alla morte fasulla di qualsiasi personaggio noto dalla TV o dal cinema. Siamo sinceri: qualcosa non va.

Ritengo, infine, che sia nell’interesse di Facebook gestire tutte queste problematiche. Non credo che sia nei piani di Facebook quello di riempirsi di spazzatura, no?

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Windows Store Api, la mia partecipazione a DotNetPodcast

E’ con un pizzico di contentezza che vi annuncio la messa in onda della mia intervista sulle Windows Store Api sul sito della community DotNetPodcast.

Vi confesserò che sono molto contento di questa iniziativa. Ho trovato l’idea dei podcast in ambito .NET semplice e geniale allo stesso tempo. Spesso mi ritrovo in auto a guidare per raggiungere clienti o la sede del prossimo corso che devo tenere, e trascorrere un po’ di tempo con le puntate di questo bellissimo podcast è utile e divertente. Oggi il protagonista di una di queste puntate sono io, spero di tenervi compagnia anche io per qualche minuto.

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Buon ascolto!!!!!

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IoT, Milano, prossimo 27 maggio

Se siete interessati al mondo Internet Of Things (ovvero letteralmente “Internet delle Cose”) non potete perdere il prossimo appuntamento organizzato dalla community DotNetLombardia. L’evento sarà il prossimo 27 Maggio, e l’agenda è visibile qui.

Sarà un importante appuntamento per raccogliere informazioni e per sentir parlare le persone giuste che trattano già da un po’ questo argomento. Si parlerà anche e soprattutto di Windows 10 (versione Core ma anche no), dal momento che sarà un sistema operativo capace di girare praticamente ovunque, da PC Desktop con schermi da 32” ed oltre, fino agli smartphone, ed ovviamente anche sui dispositivi IoT. Le opportunità sono molte!

Insomma, non perdete l’occasione e registratevi al volo!

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Community Days ed i “due che contano di meno”

Dal 25 al 27 Febbraio si sono svolti i Community Days, un evento che ai non addetti ai lavori descrivo sempre come “il Sanremo di noi informatici”. La qualità delle sessioni di quest’anno è stata davvero impressionante, e come ho già detto di persona a chi di dovere, supera di gran lunga qualsiasi altro evento (anche a pagamento) a cui abbia mai partecipato. Di cosa si è parlato? Di tutto. Di web, di Windows Phone, di Windows 8, di Bluetooth, di SQL Server, di C++, di videogiochi, di XAML, di hardware, di sprite, di ogni cosa inerente il nostro mondo di developer. Davvero tutto molto molto interessante ed avvicente. Grazie agli speaker, chiaramente, che studiano e si preparano alla loro sessione con passione e tanta tanta, infinita, competenza.

Per me quest’anno i Community Days hanno avuto un sapore più esaltato del solito. Per la prima volta, infatti, oltre a me e mio fratello fra i partecipanti c’era anche la nostra sorellina Sabrina, che fin da piccolina voleva visitare la sede di Microsoft Italia. Quando era più piccolina, e sentiva che andavo in Microsoft per questo o quell’altro evento, mi diceva sempre: “Igor, portami con te!”. Ed io, triste, le dicevo: “Non posso, Sabri, ma magari un giorno ci sarai anche tu!”. Ed aggiungevo: appena finirai le superiori, ti farò iscrivere ad UGIdotNET, poi al primo evento che organizzeranno, ci sarai anche tu. E così è stato. Oggi Sabrina lavora con me in Brain-Sys, per cui sia io che lei dobbiamo anche ringraziare l’azienda per averci permesso di essere presenti in tutte e tre le giornate.

Sono state tre giornate meravigliose. Ho conosciuto un sacco di persone, mi hanno riconosciuto un sacco di persone. Ho parlato, riso, arrabbiato. Ho guidato per tre giorni di fila, cosa che non mi capitava da un po’. Ho partecipato ad un lab (piuttosto infruttuoso, ma non per colpa loro) su Windows 8 e Windows Phone. Durante la terza giornata ho seguito sessioni fuori dai soliti schemi, e mi sono piaciute pure quelle (sul social marketing e sullo store optimization delle app, per esempio).

Chiaramente, ho presentato Sabrina bene o male a tutti quelli che conosco. Gli organizzatori dell’evento, i vari speaker, gli amici della community, i vari pezzi grossi (come li chiamo io) senza i quali non sarei il professionista che sono (e se lo sono, soprattutto).

L’ultima sera, in auto, eravamo io, mio fratello e Sabrina, e tiravamo le somme di questa esperienza. Eravamo tutti parecchi stanchi e frastornati (noi, che praticamente non abbiamo fatto nulla – non oso immaginare chi ha lavorato intorno ai Community Days). Parlando con lei, ci siamo accorti di una cosa: di fatto, Sabrina è entrata in questo mondo developer grazie ai “due che contano di meno”, cioè me e mio fratello. Contiamo di meno perchè non siamo speaker, non siamo nessuno “dietro le quinte”, non organizziamo eventi, non scriviamo libri. Eppure, ci siamo sempre. E non sapete quanto mi fa piacere venire etichettato (nel senso buono), come un vero amico della community. Resistiamo al tempo, ai cambiamenti di tecnologie, cavalchiamo il trend se possibile. Tutto questo – e qui parlo per me – ovviamente perchè amo questo mondo e questo lavoro, perchè “faccio quello che mi riesce meglio fare” (citazione Tony Stark), perciò di una cosa potete stare tranquilli.

Anche se sono uno di quelli che conta di meno, non vi libererete mai di me.
Mai.

Smile

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Configurazione di Word 2013 con WordPress hostato su Winhost.com

Ho avuto qualche difficoltà a configurare Word 2013 per poter pubblicare i miei post sul mio blog. Nonostante il mio strumento preferito rimanga Windows Live Writer, ho tentato di dare una possibilità a Word perché ad oggi è l’unico software di blogging disponibile anche sotto Windows RT. La procedura è molto semplice; ciò nonostante ho avuto qualche difficoltà, non tanto perché avessi problemi intrinseci con Word 2013, quanto per il modo con cui ho configurato le cose server-side, e quindi sul mio hosting Winhost.

Piccola premessa.
Se si vuole attivare un dominio di terzo livello sul proprio dominio, è necessario procedere in due step:

  • Attivare il dominio (esempio: se state gestendo il dominio pippo.com e volete attivare admin.pippo.com, dovete per l’appunto attivare il sub-domain “admin”)
  • Creare un folder “admin” via ftp alla root
  • Impostare il meccanismo di url-rewrite in modo tale che quando viene intercettata una chiamata ad un url che cominci per “admin”, gli si dice di reindirizzare il tutto all’interno del folder “admin”

Come ben sapete, la mia esperienza con hosting, web, web.config, IIS e dintorni non è poi così tanta. Ma seguendo questi step sono riuscito, per esempio, ad attivare domini come “blog.vivendobyte.net”, “fsxlogger.vivendobyte.net”, “service.vivendobyte.net”, eccetera eccetera. L’unica pecca di tutto questo è che l’url-rewrite fa una cosa un po’ sporca, ovvero trasforma l’url “http://blog.vivendobyte.net<l’url continua>” in “http:// blog.vivendobyte.net/blog/<l’url continua>”. Insomma, rende evidente l’esistenza del folder “blog” nelle mie cartelle sul server.

Soluzione
Morale, per configurare Word 2013 per postare sul proprio blog bisogna indicare l’url comprensivo di sub-folder, ovvero:
http://subdomain.domain.net/folder/xmlrpc.php.

Non so se è anche il vostro caso, ma io ho risolto così. Ed adesso, blogging a tutta forza con Word 2013 anche su Windows RT.

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Disintossicazione da Internet, dal web e dalla tecnologia

Prima di esprimere le mie idee ho due anedotti da raccontare. Come accade sempre, ci formiamo un’idea ed adottiamo un modo di vivere anche in base a quello che vediamo ed osserviamo tutti i giorni. E questo è proprio il caso.

Casa mia, qualche mese fa, durante un cena in giardino
Quando mangiamo in giardino, non c’è tv, per cui ci perdiamo in chiacchere e discussioni varie. Quel giorno mia madre riporta una news secondo la quale un papà ha chiesto un ricovero di “disintossicazione da smartphone” per una delle loro figlie adolescente (presumibilmente un iPhone). La ragazzina, a quanto pare, sta sempre attaccata allo smartphone, ai social network, a qualche giochino, a questo o a quello.

Quando sento queste cose, vi chiedo scusa, ma mi arriva sempre il sangue al cervello. D’istinto, tra una risatina scettica e l’altra, ho ribattuto immediatamente: e se quella ragazzina, invece di uno smartphone, se ne stesse sempre chiusa in camera a leggere libri, la famiglia avrebbe comunque chiesto la disintossicazione? Non ho avuto alcuna risposta.

Qualche sabato sera fa, sui Navigli a Milano, ore 23:00
Io e qualche altra persona eravamo seduti al Banco, uno dei locali sui Navigli di Milano. Locale affollato, musica, cocktail, ragazze, risate, buonumore. Ad un certo punto, entra una ragazza, mora, carina, vestitino verde lungo, età approssimativa…25 anni. Ha in mano uno smartphone, non capisco il modello ma sarà presumibilmente un iPhone. Scorre, digita qualcosa, cambia app, testa bassa. Si siede al bancone, giusto il tempo di ordinare qualcosa, mentre continua ad usare lo smartphone senza staccare gli occhi dal display. Nel giro di venti minuti, la tipa beve e se ne va. Senza parlare con nessuno, senza staccare gli occhi dallo smartphone, eppure chissà con quante persone si è tenuta in contatto.

Fine degli aneddoti.
Insomma, questa storia della disintossicazione da Internet, dal web, dai pc comincia a starmi seriamente sulle scatole.

Il discorso alla fin fine è questo: se fare una certa azione è diventato semplice ed intuitivo, non c’è nulla di intossicante nel farla. Oggi usare uno smartphone, vedere un sito Web, dare uno sguardo a twitter, mantenere il proprio giro di amicizie, è diventato veloce, semplice ed intuitivo. Personalmente, ritengo che una cosa mi intossichi se alza il mio livello di stress: allora sì diventa una cosa da evitare.

E’ per questo motivo che non ci vedo nulla di male se ci si porta il pc in vacanza o se si usa uno smartphone in posti fino a qualche anno fa impensabili (non tanto perchè non fosse tecnicamente possibile, quanto perchè sennò si era inquadrati come marziani o nerd da evitare). L’importante è che l’utilizzo di tali strumenti avvenga in modo naturale, intuitivo, senza sbattimenti, per dirla alla buona. Vi posso assicurare che avrei da raccontarvi diversi altri episodi che illustrano come effettivamente pian piano questa visione della “tecnologia facile” si diffonda, ma c’è ancora molto da fare: in campeggio vedo sempre più notebook, tablet, smartphone e dispositivi di ogni tipo – compresi ragazzi e ragazze che discutono su quale OS sia il migliore (vi giuro che è così). Prima dell’anno scorso mai e poi mai mi sarei sognato di attaccare il mio notebook nel bar del villaggio turistico di un paesino del sud, per non fare la classica figura da nerd, adesso se lo faccio sono quasi l’eroe del paese perchè tutti vogliono vedere le foto che scatto, e mi chiedono questo e quello. Scenario impensabile, fino ad un paio di anni fa.

Perciò, concludendo, per favore: non chiedeteci alcuna disintossicazione, perchè non siamo intossicati. Noi viviamo bene, con la nostra tecnologia, esattamente come una massaia si trova a suo agio ai fornelli, un ciclista con la sua bici, un lettore con il suo libro, un appassionato di puzzle davanti alle sue tile, un enigmista con il suo cruciverba, e così via. Il fatto è che oggi la tecnologia permea ogni aspetto della nostra e della vostra vita, e quindi diventa sempre più naturale averla sempre a disposizione, anche e soprattutto al fatto che ormai ci sono device cool (fighi?) che rendono un oggetto gradevole alla vista, adatto ad un locale milanese il sabato sera. E per questo, grazie Apple.

Tecnologia è emozione e passione. E quindi vita.
Perchè privarsene, dunque?

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Molto soddisfatto di questa Ludica

Sono stati per me due giorni molto intensi, quelli dello scorso weekend (17 e 18 Marzo). A Milano, presso la cara buona vecchia FieraMilanoCity, si è svolta Ludica, una manifestazione di videogiochi, cosplay, giochi di ruolo, fumetti, con una numerosa partecipazione delle aziende del settore. Un grandissimo merito va ai visitatori, molti dei quali – in pieno spirito cosplay – hanno vestiti e si sono travestiti in modo eccezionale imitando i personaggi più famosi dell’universo fumetti/videogiochi/manga: principessa Leia (in versione standard ed in versione schiava di Jabba The Hutt), Jessica Rabbit, Gordon Freeman, Ghostbusters, Abby di NCIS, più una miriade di altri personaggi che francamente non conoscevo. A me il mondo giapponese dei manga non ha mai attirato più di tanto.

Per quanto mi riguarda, ho partecipato – come ormai di tradizione – con i Piloti Virtuali Italiani, con il nostro stand che ormai fa la sua bella figura. Abbiamo un bel simulatore su tre schermi (e con un hardware bello corrazzato) che fa tranquillamente girare i due simulatori più importanti del momento: Microsoft Flight Simulator X e Microsoft Flight. Di quest’ultimo ho già parlato in questo post. Oltre a questo, abbiamo altri normalissimi pc casalinghi, giusto per far capire ai visitatori che non è necessario spendere chissà quale cifra per avvicinarsi al mondo della simulazione del volo. Abbiamo, grazie anche alla volontà di alcuni nostri soci, TrackIR ed altro hardware interessante. E’ bene o male ormai il nostro stand che mettiamo in piedi negli eventi in cui partecipiamo, come l’Hobby Model Expo di Novegro.

Perchè, quindi, sono particolarmente soddisfatto di questo evento?

Innanzitutto, un pubblico più giovane. Certo, questo è un rischio, perchè se arriva un o una teenager teppistello/a, allora lo devi controllare e tenere d’occhio. Un simulatore è pur sempre un simulatore, e quando usi cloche/pedaliere di un certo valore, il guasto lo devi evitare il più possibile. Però è anche vero che una mente giovane è più fresca, più intuitiva e – soprattutto – non è traviata da anni di guida con l’automobile. E non è una sciocchezza: spesso un adulto tenta di pilotare un aereo come fosse un’auto, e questo è sbagliato, perchè un velivolo è diverso. E questo il ragazzino, che parte da zero, lo capisce di più, sta più attento e spesso gli viene meglio.

Secondo punto, l’organizzazione, che è cambiata e migliorata nettamente rispetto alle edizioni precedenti. Lo stand che ci è stato messo a disposizione era bello grande, avevamo medaglie da distribuire ai vincitori del nostro contest (realizzato grazie ad una sfida presente in Microsoft Flight, un volo di circa tre minuti a bassa quota all’interno di un canyon alle Isole Hawaii), e via dicendo.

Terzo punto, le ragazze. Ormai il mondo dei videogiochi non è più un mondo prettamente maschile. Sempre più donne videogiocano, e questa cosa è NETTISSIMA soprattutto durante eventi come Ludica. Magari non giocano a Call Of Duty e preferiscono Just For Dance, ma non è mica detta. Grazie a questo, sono riuscito a far volare molte belle ragazze, compresa Wonder Woman. Perchè si avvicinano incuriosite, le inviti con uno squillante “Dai, su, prova!!” e loro sono intimorite (eh..ma è difficile, non ci ho mai provato, come si fa). Ma bastano due spiegazioni, una battuta per rompere il ghiaccio ed il peggio è passato. Voglio salutare Giada che sabato ha stabilito l’high-score e si è portata a casa la medaglia. E voglio salutare anche quella splendida bionda con gli occhiali che invece ha fatto schiantare l’aereo due volte – c’è chi è portato e chi no.

Insomma, ben venga questa Ludica, speriamo di partecipare anche alle prossime edizioni!

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Indifferente all’utilizzo di PInterest

Non so dirvi da quanto tempo, ma è da poco tempo che sono iscritto a Pinterest, il social network del momento. Secondo gli analisti del traffico Web, Pinterest genera più referrals rispetto ad altri siti molto più conosciuti, come Google, YouTube e Twitter: raggiungere questo articolo per maggiori informazioni. Purtroppo, diciamo così, l’access a Pinterest al momento è ancora in forma limitata, poichè è necessario che qualcuno già iscritto vi mandi l’invito. Quindi nel momento in cui vi scrivo non è ancora liberamente accessibile a tutti.

Il concetto di Pinterest è molto semplice. E’ un social network basato sulle immagini (pin, nella terminologia utilizzata), di qualsiasi tipo, che possiamo pubblicare sul nostro profilo, raggruppandole su tante board, una per ogni argomento. Ecco quindi che io sul mio profilo posso creare una board dedicata alla tecnologia (dove metto foto di telefoni Windows Phone, oppure di iPad, oppure screenshot del mio videogioco preferito), un’altra board dedicata ai viaggi ed al turismo, un’altra alle news (dove magari posso mettere i volti dei personaggi di attualità) e via dicendo. Ovviamente ognuno di noi può creare tante board, in base a come vuole raggruppare le proprie pin. L’idea di per sè non è malaccio: ovviamente i miei followers (ovvero: persone che mi seguono, termine preso in prestito da Twitter) possono commentare le mie foto, possono fare repin (che è una sorta di retweet: l’immagine mi piace talmente tanto che comparirà anche nel mio profilo) oppure possono mettere un semplice like (mi piace).

Eppure c’è qualcosa che non mi torna, qualcosa che non mi fa venir la voglia di andare su Pinterest.

  1. La scarsa attività – raramente vedo i miei amici aggiungere qualche nuova pin, e raramente io stesso vado ad aggiungerne. E’ un po’ il cane che si morde la coda: nessuno fa niente, ed io non faccio nulla
  2. La poca attività che vedo (cliccando su Popular in alto) sembra piuttosto monotona: vedo articoli di moda, qualcosa di cucina, sport. Dal mio punto di vista è poco interessante
  3. Difficoltà di utilizzo – per aggiungere una nuova pin devo andare su Pinterest, andare su Add in alto sulla toolbar. Poi posso uploadare un’immagine dal mio PC, oppure posso dare in pasto un url. In questo caso Pinterest esamina l’url, tira fuori tutte le immagini e permette di scegliere quella che voglio aggiungere. Peccato però che spesso questo meccanismo non funzioni molto: spesso non trova immagini, e non capisco il perchè. Evidentemente Pinterest cerca immagini in un formato particolare
  4. La difficoltà di cui sopra potrebbe essere risolta in un altro modo. Non dovrei andare su Pinterest per mettere una nuova pin. Dovrei poter navigare normalmente, e dovrei poter condividere un’immagine su Pinterest. Che poi è lo stesso meccanismo che hanno messo in piedi tutti gli altri siti, come YouTube. Sto vedendo un video, e da lì posso condividerlo su Twitter, su Facebook, su Google+: perchè non aggiungere anche Pinterest? Magari quando sarà pubblico, lo faranno
  5. Scrittura o immagini? – credo che buona parte delle persone si trovi più a suo agio scrivendo qualcosa di suo, piuttosto che attraverso un’immagine di qualcun’altro. Ed a parte questo, è molto più frequente il voler comunicare qualcosa a parole, piuttosto che via immagine. Personalmente mi viene più istintivo pensare ad un’immagine quando acquisto un nuovo prodotto (esempio: invece di twittare “ho preso un ipad”, potrei andare su Pinterest ed aggiungere ad un board una foto del prodotto acquistato), oppure quando visito un nuovo posto (esempio: invece di twittare “sono stato a Bologna”, potrei andare su Pinterest ed aggiungere ad un board la foto della città), e via dicendo, non c’è limite alla fantasia. Ma molte cose, forse troppe cose, rimangono ancora oggi prerogativa del testo: notizie di cronaca, risultati sportivi, ultime uscite in campo software, videogiochi, discussioni, etc. etc.
  6. Sul discorso dei referrals, è quasi ovvio che sia così: per definizione ogni pin (immagine) è un contenuto esterno (ovvero: proviene da un sito esterno rispetto a Pinterest stesso), e quindi è perfettamente normale. Ok, dicono che generi un bel po’ di traffico, ma avevo trovato un articolo (mannaggia non lo trovo più) che metteva in dubbio quei dati, come se qualcuno tentasse di gonfiare per impressionare qualcosa
  7. La cosa che mi piace è la semplicità dell’idea di Pinterest in sè (ma, come dicevo prima, non di come sia stata tecnicamente implementata). Un po’ come twitter. In 2 minuti è possibile imparare e cominciare ad usare Twitter, oppure Pinterest, e questo lo rende abbordabile a tutti. Pinterest si scontra con alcune problematiche

Per cercare di abituarmi e di invogliarmi all’utilizzo di Pinterest l’ho messo come homepage in IE, insieme a Google.
Niente da fare, a parte le prime 48 ore di entusiasmo, poi mi sono fermato.
E non aggiungo più pin, non mi viene voglia di farlo.

Forse quello che provo per Pinterest è – secondo qualcuno – il peggiore dei sentimenti.
L’indifferenza…

Smile

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Il mio utilizzo di Twitter

Se non sto attento bene a ponderare le parole, questo post potrebbe divagare verso note polemiche, che voglio evitare il più possibile.

Sappiate innanzitutto che da parecchio tempo mi trovate su Twitter, ovviamente, altrimenti questo post non avrebbe senso. Twitter è un social network molto molto semplice, nei suoi concetti base, che permette di rimanere in contatto con la propria rete di amicizie in modo minimale ed efficace. Twitter lo si utilizza mandando semplici messaggi di testo (i tweet) lunghi al massimo 140 caratteri. Vi posso assicurare che per uno prolisso come me (almeno in forma scritta) stare dentro questo limite è davvero una tortura!
Sorriso

Se penso alle persone che mi seguono (followers) e che seguo (following), posso suddividerle in diverse categorie:

  • colleghi, amici di community, developer, appassionati di informatica (non inteso come persone che lavorano in Brain-Sys, ma persone che fanno il mio stesso lavoro ovunque esse si trovino)
  • aziende, marchi, istitituzioni (Vodafone, LG, HTC, varie division di Microsoft, e chi ne ha più ne metta)
  • amici e parenti
  • persone più di nicchia (giornalisti, per esempio, più altre categorie particolari)

Ora, lo dirò una volta soltanto: è impossibile scrivere un tweet che sia interessante per tutti i vostri followers!

Quindi se scrivo un tweet di Windows Phone 7 è molto probabile che mia cugina dica: che roba è?
Se scrivo un tweet di cronaca, è molto probabile che ad un dev possa sembrare fuori luogo.
Se scrivo un tweet di politica, è molto probabile che mia sorella stia male!
Se scrivo un tweet su musica dance (mai successo, ma potrebbe accadere) farebbe piacere a mio cugino Mattia, ma interesserebbe poco agli altri.

Ovviamente questo ragionamento lo applico automaticamente io stesso a ciò che leggo sulla mia timeline: a volte leggo tweet che parlano di JavaScript, di MongoDB, di quell’amica che segue il tennis, di iPhone, di tecnologie che non mi interessano (al momento) e che magari non seguirò mai. Ma questo non mi dà il diritto di prendere in giro e di prendere chissà che “provvedimenti” nei loro confronti!
Ognuno ha i suoi interessi, ed ognuno ha il diritto di twittare ciò che vuole.

Passiamo oltre! Vi siete mai chiesti a cosa servono gli hashtag inseriti in un tweet?
Andiamo al sodo. Se nel testo di un tweet inserisco hashtag come #wp7, oppure #apple, oppure #TredicesimoApostolo, oppure #opensenato, oppure #concordia, oppure #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend, oppure #monti, e via dicendo, vado a marcare quel tweet con due scopi essenziali:

  • quel tweet non solo viene letto dai vostri followers, ma anche da tutti quelli che seguono quel particolare hashtag (i vari client Twitter come TweetDeck permettono di avere colonne dedicate ad un particolare hashtag. In questo modo seguite persone potenzialmente da tutto il mondo, che non conoscete, ma con le quali condividete un particolare interesse, identificato da quell’hashtag)
  • entrare nel trends di Twitter, ma questo è un risvolto marketing/pubblicitario che non mi interessa molto, per cui salto

Ora, ficcatevi una cosa di testa, oggi e per sempre. Se scrivo un tweet, a qualcuno serve, punto. Nel “qualcuno” inserisco anche me stesso, ovviamente. Non ti piace? Pazienza. Se vedete che non vi interessa alcuno dei miei tweet, allora defollowatemi. Non minacciate di farlo. Fatelo! Perchè defolloware qualcuno non è maleducazione, è semplicemente una semplice presa di posizione, sincera, schietta e non offensiva: non mi interessa quello che scrivi.

L’utilizzo degli hashtag è molto molto importante, e se non l’avete mai fatto vi perdete un bel pezzo di Twitter. Attenzione: non mi sto riferendo a scrivere un tweet inserendo uno o più hashtag, quanto a fare ricerche tramite hashtag. Vi do qualche spunto:

  • siete tifosi del Milan? seguite l’hashtag #milan oppure #acmilan
  • vi interessate di politica? seguite l’hashtag #opensenato, oppure #opencamera, e via dicendo
  • volete leggere pareri sul nuovo motore di ricerca? seguite #volunia
  • vi piace iPhone? seguite #iphone
  • vi piace Windows Phone? seguite #wp7

Ovviamente gli esempi possono andare avanti all’infinito, in base a ciò che accade. Spesso un hashtag è deciso dagli organizzatori di un certo evento (mi riferisco a #uan12 per l’ultima UGIaltNET, oppure #cdays12 per i prossimi Community Days), mentre altri nascono così dal nulla (mi riferisco a #concordia, #schettino, #costacrociere). Quindi è perfettamente legittimo che in presenza di una trasmissione, di un evento, di una conference un particolare hashtag abbia un picco nei trend di Twitter. Gli hashtag sono nati e vengono usati anche per questo motivo.

Ora, per chiudere, mi chiedo un po’ di cose, ma sintetizzo. Perchè è perfettamente legittimo twittare un tweet-cronaca #wp7, mentre se twitto sul #TredicesimoApostolo, non dovrebbe andare bene in ugual modo? Mi piace andare al sodo: “Il Tredicesimo Apostolo” è una fiction italiana in 12 puntate, 6 serate, e credo di aver passato solo le ultime due a twittare pesantemente. Eppure c’è qualcuno di allergico, che minaccia di defollowarmi, come se fosse una condotta negativa di chissà quale rango. Come se fosse una cosa di rilevanza penale, che faccio da un anno, da chissà quanto tempo!

A quel qualcuno (che sia uno solo eppure decine e decine) consiglio di fare un bel GOTO 1 (ovvero: torna alla prima riga di questo post e ricomincia la lettura). Se twitto in quel modo un motivo c’è, e – lo scrivo a caratteri cubitali – non è spam, perchè sono tweet scritti da me, non da un sistema automatico (come a volte accade con altre persone che usano Zite, che ogni mattina spamma di tweet – ma non ci vedo nulla di male nemmeno in questo, francamente). E quello stile mi ha permesso di conoscere nuove persone (almeno digitalmente, per ora), e soprattutto come io non mi metto a discutere quali sono i vostri tweet, come tweetate e con chi lo fate, per favore, non fatelo con me. Farò lo stesso tipo di cronaca, chiamiamola così, in altri ambiti e quando lo riterrò opportuno: che sia un evento per developer (Community Days), che sia una partita di pallavolo, oppure un evento dei Piloti Virtuali Italiani. Ovvio che certe cose sono più leggere e richiedono meno attenzione – e soprattutto in TV c’è anche la pubblicità, che è stata messa lì apposta. Forse.
Sorriso

Insomma…non vi piaccio? Defollowate senza minacciare!!

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