Ho cominciato a scrivere questo racconto mentre ero in vacanza. Se mi ispira, e se avrà successo (soprattutto nella mia testa), questo post vuole essere l’inizio di una serie di racconti concatenati – una sorta di saga cyberpunk con bytes, personaggi reali e riferimenti vari al mio lavoro, ai miei amici, ai miei colleghi, alla mia vita. Non escludo che possa diventare qualcosa in più, un giorno in un futuro prossimo che adesso non so prevedere. Spero vi possa piacere, così come piace a me. Buona lettura.
MIA.
In gergo militare, questa sigla sta per Missing in Action. Ci si riferisce alla perdita di contatto di un soldato durante un’azione di guerra. Il DJ alla console usava lo stesso acronimo, ma pensava a tutt’altro. Per lui MIA stava per Mixing in Action, ovvero quella fase in cui due canzoni si miscelano fra loro, una che svanisce, e l’altra che invece sale di volume fino a riempire la pista da ballo. Le mani del DJ si muovevano veloci, manovrando in modo naturale i cursori per la regolazione dei bassi e dei volumi. Poco più di un centinaio di giovani stavano ballando sotto di lui. Il ritmo tribale pulsava nelle vene di tutti, che urlavano, gioivano e si muovevano seguendo il tempo musicale.
Tum Tum. Tum Tum.
Il dj lavorava ininterrottamente da un’ora circa, ma fra circa cinque minuti avrebbe lasciato il posto a qualcun’altro. Concentrandosi sul ritmo che stava riempiendo la sala, sostituì il CD in uno dei due lettori della console e bevve un lungo sorso di Bacardi Breeze per finire la bottiglietta. Un istante dopo, puntò il suo sguardo su una grossa valigetta argentata ai suoi piedi: gli sarebbe servita durante il suo appuntamento e l’ultima cosa che voleva era dimenticarsene. Sarebbe stato un bel guaio. Il ragazzo alla console si chiamava Ajax, aveva poco più di 23 anni e faceva il dj da circa 4. Sapeva che l’appuntamento poteva essergli fatale. Non avrebbe rischiato la pelle – questo no – ma era convinto che la vita oggi poteva ucciderti in modi molto più subdoli che con una semplice pallottola nella testa. Il DJ passò alla fase MIA della sua ultima canzone, almeno per quella sera.
A metà luglio la stagione estiva del campeggio non era ancora veramente esplosa. Gli arrivi massicci di turisti sarebbero arrivati solo con l’inizio di agosto. Questo permetteva ai villeggiatori di avere una certa riservatezza ed una certa tranquillità. Fra questi, c’era un uomo – dall’età approssimativa di 50 anni – che indossava pantaloncini da bagno, una camicia hawaiana e ai piedi portava un paio di infradito. Tutte le donne – provate a chiederglielo – considerano le infradito come il capo d’abbigliamento maschile più sexy. L’uomo non le indossava per quel motivo, semplicemente le trovava comode. Non aveva bisogno di attrarre le donne, perchè le donne che voleva se le comprava senza troppi scrupoli. E non solo le donne. Ogni cosa ha un suo prezzo intrinseco, e l’uomo riusciva sempre ad ottenere tutto quello che voleva.
Quando arrivò alla sua piazzuola, si lasciò cadere sulla sua comoda sedia a sdraio, fuori sulla veranda. Guardò l’orologio, che segnava mezzanotte e venticinque. Aspettava una persona e constatò che mancavano 5 minuti all’orario dell’appuntamento. Giusto il tempo di una birra fresca, pensò. Raggiunse il suo piccolo cucinino – una tenda separata con un fornello – e dal frigorifero tirò fuori una lattina ghiacciata. Nonostante l’ora tarda, la temperatura era mite e perfettamente in linea con le medie stagionali. Quando ritornò sotto la veranda, si trovò di fronte un ragazzo, robusto e slanciato allo stesso tempo, con strani capelli dalla pettinatura stravagante. L’uomo lo fissò per alcuni secondi, affascinato dalla J e dalla X che il ragazzo aveva tatuato sul braccio destro. Le due lettere assumevano un colore verdastro sulla pelle abbronzata, ed erano intrecciate tra loro, come se l’una non potesse vivere senza l’altra.
“Sei tu Ajax ?” – chiese l’uomo in modo serioso.
“Sì, sono io. Lei invece deve essere Eclipse, giusto?” – rispose il ragazzo, sedendosi sulla sedia di plastica più vicina.
“Ci hai preso, ragazzo. Finalmente ci incontriamo. Hai cancellato la cache del Messenger? Non vorrei che qualcuno ci rintracciasse“
“Tranquillo, è tutto a posto. Sul Web non c’è alcuna traccia, nè su Messenger, nè su e-mail. Gli anonymizer hanno funzionato, stia tranquillo, sto monitorando anche adesso la situazione. L’http è completamente pulito“.
L’uomo sapeva benissimo che quando Ajax diceva adesso, intendeva proprio adesso, e non era un modo di dire. Aveva notato subito la periferica wireless che il ragazzo teneva sopra l’orecchio destro – un oggetto poco più piccolo di un dongle USB che si innestava direttamente nella massa (parzialmente) cerebrale a 32-bit del ragazzo. Ajax riceveva costantemente un array di bytes in streaming dalla Rete, che poteva usare per navigare o parsare a suo piacimento. Poteva ricevere e spedire e-mail o connettersi a servizi Web esposti da WCF. Ajax poteva pensare a qualcosa, reindirizzare su un file del suo cervello l’output stesso del suo pensiero e trasmetterlo via ftp ad un server. Poteva persino ricevere notifiche ed aggiornamenti per il suo firmware. Poteva fare questo ovunque, l’importante per lui era mantenere alive la connessione http con la Rete. Ajax era un individuo straordinario, assolutamente il primo della sua specie. Eclipse lo conosceva di persona solo da qualche minuto, e non sapeva se averne paura o se coccolarlo come fosse suo figlio. Nel dubbio, scelse la seconda opzione, perchè era la più sicura. Meglio averlo come amico che come nemico.
“L’operazione LifeByte è prossima alla conclusione, ma abbiamo ancora bisogno del tuo aiuto.” – spiegò Eclipse – “Abbiamo avuto dei casi di rigetto, meno del 5%, ma i nostri ricercatori hanno concluso che si trattava di memorie a stato solido inefficaci, non era un problema imputabile ai soggetti selezionati. Il transfer-rate è buono, ma loro pensano di poter fare di meglio. E qui arrivi in gioco tu.“
“Sì, lo so, è per questo che sono qua.” – Ajax si alzò in piedi, prese la valigetta argentata che teneva accanto a sè, vicino alla sedia, e la appoggiò sul tavolo. Innestò la porta USB che esponeva dal polso destro al meccanismo digitale di apertura della valigetta, che si aprì in una frazione di secondo. Come molte altre volte, Ajax non aveva fatto altro che pensare alla combinazione corretta, redirigerla all’output su USB ed il gioco era fatto. Eclipse si alzò in piedi per vedere meglio il contenuto.
La valigetta conteneva un certo quantitativo di schede Secure Digital da 8Gb l’una.
“Queste sono le stesse SD che mi consegnò il tuo corriere. In totale sono 64. Alcune sono danneggiate, per l’esattezza 6, e non ho potuto usarle. Sono contrassegnate con del nastro adesivo rosso, quindi le riconoscerai. Cerca di farmi avere sempre SD di qualità, sai che mi viene un fottuto mal di testa quando tento di accedere a memorie rovinate, e non lo sopporto.“. Su Internet Ajax non parlava quasi mai in tono volgare: quando accadeva, c’era sempre un buon motivo.
“Non era un problema risolto con la patch LB7628 ?” – chiese Eclipse.
“L’ho installata 3 giorni fa. E’ diminuito, però il mal di testa c’è sempre, e vorrei che sparisse.” – rispose Ajax un po’ acido.
“Ok, vedremo di lavorarci ancora. Ma non è una priorità, Ajax, mi spiace. Useremo i dati che hai raccolto nelle SD per completare la fase 3. E’ prevista l’uscita del service pack tra un mese circa. Fino ad allora, non potremo più più incontrarci di persona, perciò se hai bisogno di me, sai dove trovarmi“.
Il ragazzo annuì, non avrebbe avuto problemi a contattare Eclipse se ne avesse avuto necessità.
… … … 0x56 0xA3 0x17 0x00 0x00 0x00 0x00 0x34 0xFF 0x81 … … …
D’improvviso Ajax cominciò a ricevere uno stream di byte che reputava interessante. L’IP della trasmissione gli rivelava che proveniva dal sito www.ebay.it, il noto sito di aste on-line. Lo esaminò per qualche ciclo di clock…per qualche secondo…e la sua intuizione ebbe conferma.
“Hai presente quella DeLorean di cui parlavamo l’ultima volta su Messenger ?” – domandò il giovane, con un bel sorriso sulla faccia.
“Sì, certo. Novità ?” – rispose di rimando Eclipse, sorpreso da come Ajax avesse cambiato discorso di punto in bianco.
“Forse ho trovato qualcuno che me la vende ad un prezzo onesto. Scusami, ma adesso devo proprio scappare“. Ajax chiuse la valigetta in tutta fretta, lasciandola sul tavolo in plastica bianca, proprio al centro della veranda. “Alla prossima, allora“.
Senza particolari convenevoli, i due si separarono. Il DJ si allontanò, imboccando lo stesso sentiero illuminato dal quale presumibilmente era arrivato. Eclipse, spiazzato, lo guardò andar via senza proferire parola, ammirato per quella persona che – si diceva – aveva contribuito in qualche modo a creare. Rimase a pensare per un minuto, finendo la sua bottiglietta di birra, poi prese la valigia argentata con tutti i suoi 464Gb totali, spense la luce e se ne andò a dormire sulla sua roulotte.