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My personal life

I miei amici, le mie scorribande, i luoghi da visitare, un po’ di ironia

My personal life

Un’amica ritorna dal passato…Ciao Valentina!

Come tutte le persone “normali”, ho organizzato i contatti del mio Messenger sotto diverse categorie. Ho la categoria UGIdotNET, poi c’è Lavoro (dove raggruppo clienti e collaboratori vari), Amici e così via. La categoria Ragazze la fa da padrona, dove raggruppo colleghe, ex, amiche vicine e lontane (alcuni davvero vicinissime, meno di 10 villette…vero Fede?).

Ma vi ho appena mentito. 🙂
La categoria non si chiama Ragazze, ma _Ragazze (notare l’underscore iniziale), in modo tale che seguendo l’ordine alfabetico la voce finisca in cima. Appena apro Messenger, vedo subito quale delle ragazze che ho in elenco tampin…ehm…salutare per prima. 🙂

Questa mattina ho re-inserito in elenco una cara amica dalla Sicilia, Valentina. L’ultima volta che l’avevo sentita aveva 18 anni, adesso ne ha 25. 7 anni fa. Risentirla è stato un salto indietro nel tempo. Un tempo in cui il mio strumento preferito per chattare non era il Messenger, ma ICQ. Ieri, mettendo a posto alcuni scatoloni in casa sua, è saltata fuori una lettera che le scrissi anni ed anni fa. Così ha deciso di provare a cercarmi sul Web e grazie a Google la cosa si è risolta in un batter d’occhio. E’ stato molto bello risentirla, mi ha fatto ricordare quando ero perdutamente innamorato di una certa Francy e più in generale di quando ero più giovincello. Anche io ho una sua lettera, ben custodita: stasera (mmhh, mi sa domani) andrò a rileggermela per pura malinconia. Ricordo che Valentina mi mise in allegato nella busta una cartolina di Capo d’Orlando con evidenziata la sua casetta: adesso si è pure trasferita. E’ vero, cavolo, il tempo passa. Per lei quanto per me e così per tutti noi.

Viva il tempo che passa, perchè solo grazie a lui le cose acquisiscono un valore particolare e ci toccano come altrimenti non sarebbe possibile.

Ciao Valentina, ben ritrovata!

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Un’avventura a Pietra Corva

Quando ero bambino, capitava che mio padre portasse me ed il resto della famiglia a Cicogni, minuscolo paesino immerso nel verde dell’appennino. Si univano a noi zii, zie e cugini vari. Potete vedere qualche foto di Cicogni qua. In questo paese c’è una piccola taverna, gestita da un certo Achille che ancora adesso riempie gli stomaci di tutti i visitatori ed i turisti che arrivano fino lì. Non so esattamente quanto sia l’altitudine del paesino in sè: il passo – Passo del Penice appunto – si trova a 1.460 metri ed è, come recita Wikipedia, una delle montagne più alte dell’Appennino di quella zona. Arrivarci è semplice, perchè basta imboccare la SS412 che parte da Milano, passa vicino a casa mia e attraversa borghi come Castel San Giovanni, Borgonovo Val Tidone, Nibbiano e così via. E’ meta di ciclisti e motociclisti (più o meno folli) che vogliono arrivare fino in cima, tutte le domeniche. Durante la salita in auto, si passa davanti alla diga di Val Tidone, ottimo posto di ristoro perchè c’è il bar e si svolgono spesso gare di tiro al piattello.
Se vi interessa saperne di più, o chiedete a me oppure partite dalla pagina di Wikipedia linkata prima.

Quando ho preso la patente (qualcosa come 13 anni fa) ho cominciato anche io a bazzicare quelle zone, perchè le trovo favolose. Non solo nei paesini in sè, quanto per tutti i sentieri che attraversano quelle montagne: boschi, prati, burroni, sentieri ripidi da (farmi) paura, bellissimi fiori, stagni, nomi di località che sembrano essere usciti fuori da un romanzo fantasy (Pan Perduto, Pietra Corva, etc.).

Vado ogni anno in quei posti (qua le foto del 2006), per farmi una bella camminata e per respirare un po’ d’aria pulita.

Solitamente ci vado durante maggio/giugno: quest’anno è capitato che andassi oggi, cioè il 1° luglio. Solo che ho fatto una cosa un po’ diversa: invece di partire da Monte Penice, farmi 3 ore di camminata e tentare di arrivare a Pietra Corva, ho fatto l’esatto contrario. A Pietra Corva c’è un bellissimo giardino alpino (ehm…alpino????), che stamattina ho avuto l’occasione di visitare per la prima volta: costo d’ingresso 2 euro.

Ho usato la mia Canon in alcuni casi per fare foto macro di soggetti davvero molto vicini.

Il set completo di fotografie è disponibile su Flickr qua.

E poi, dulcis in fundo, mi sono arrampicato fino alla vera Pietra Corva, ovvero l’enorme masso che dà il nome al monte. Vi posso solo dire che soffro di vertigini e quando sono arrivato in cima avevo a pochi passi di distanza un burrone devastante di fronte al quale – devo ammetterlo – mi sono fatto prendere dal panico. Ho sudato freddo, e mi sono dovuto sedere per riprendere coraggio. Da solo, a chilometri e chilometri dal più vicino centro abitato, senza campo con il cellulare: solo il GPS ed il Tom Tom mi dicevano dove mi trovavo. Per lunghi istanti mi son detto: “Qua a casa non ci torno più…“. E’ incredibile come sembri buffo scrivere adesso queste parole, ma vi posso assicurare che oggi pomeriggio – quando giravano silenziose nella mia testa – non lo era affatto. Comunque sia, in cima a questo masso si arriva dopo aver scarpinato per 300-400 metri, con una pendenza assurda: la vista è assolutamente favolosa, boschi, boschi, verde, verde a perdita d’occhio. Con perdita d’occhio intendo davvero decine e decine e decine di chilometri. Nessuna foto può dare l’idea, comunque ci provo.

Insomma, una gran bella domenica, da solo, in mezzo agli alberi, dalle 10:00 di stamattina fino alle 16:00. Da domani si ricomincia il lavoro, e con esso il tran-tran milanese.

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Una decisione "autolesionista", ma giusta!

Riporto:

Tiraboschi (direttore di Italia Uno, ndr) sottolinea in una dichiarazione che «finché si trattava di botte tra personaggi al confine tra i supereroi dei fumetti e i protagonisti dei cartoni animati, tutto funzionava nei giusti canoni dello spettacolo e del divertimento. Quando poi la cronaca nera più efferata contamina la nostra proposta, allora Italia Uno non ci sta più».

Ben Detto. Piantiamola.

Fonte : http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/06_Giugno/29/wrestling.shtml

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Quando a Milano…

Quando a Milano non c’è traffico, quando non piove e non c’è nebbia, quando ci sono parcheggi, quando non c’è quel caldo afoso che si appiccica addosso, quando i mezzi pubblici funzionano, quando non vedi passare ambulanze, quando non ci sono scioperi, quando nessuno si è buttato sotto la metro, Milano è proprio una bellissima città dove vivere e lavorare.

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Il mio desktop in formato "punta & clicca"

Avete presente le avventure grafiche della Lucasfilm, come la mitica serie di Monkey Island, Indiana Jones e simili ? Avevano tutte un’interfaccia utente punta & clicca, ereditata poi da tutte le avventure grafiche negli anni seguenti. In pratica, il personaggio si muove all’interno di un ambiente (supponiamo…chessò, una camera di un hotel) e l’utente spostava il puntatore del mouse ed in base all’oggetto su cui ci si trovava, si poteva compiere un’azione piuttosto che un’altra.

Ieri sera in camera mia ho scattato una foto usando la mia Canon Powershot A620 ed un cavalletto che ho preso alla Fiera a Forlì qualche mesetto fa. Ho voluto usare il cavalletto per non usare il flash. Dopo varie misurazioni, la fotocamera mi indicava come tempo di esposizione ottimale 2,5 secondi: un po’ troppo per tenere ferma la fotocamera a mano, perchè anche il più piccolo tremolio della mano poteva compromettere il risultato finale. Ecco perchè ho usato il cavalletto. Ho scattato la foto completa del mio desktop a casa. E grazie a Flickr ho aggiunto tutta una serie di note creando quasi un’interfaccia “punta & clicca” come quelle che ho citato prima.

Ve la riporto qui sotto. Per vedere il dettaglio di ogni minuscolo oggetto che vedete inquadrato, cliccate qua.

Davvero troppo divertente!

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Una maledetta domenica

Come Janky e AndreaS, anche io ho avuto a che fare con un compleanno durante lo scorso weekend. Solo che per loro due era venerdì, mentre per me era sabato sera. La festeggiata era la mia amica Franci (non ho mai capito se va scritto con la Y o con la I normale). Serata a base di antipasti di pesce, di trofie ai frutti di mare e di tanto, tanto vino bianco. E con un po’ di lemoncello a fine pasto.

Il risultato è che sabato sera sono tornato a casa mezzo ubriaco e mezzo addormentato: non pensate male, l’auto la guidava mio fratello che invece era sobrio. Il risultato è che ho passato una domenica davvero ko, e ho dormito praticamente tutto il tempo. Mal di testa, giramenti di testa, sonnolenza. Mi sono sollevato dal letto il minimo indispensabile: bisogni fisiologici(!), mangiare, bere. Solo intorno alle 19:30 di ieri la situazione è lentamente cominciata a migliorare.

Stamattina mi sono alzato per andare a lavorare e sembrava tutto ok, ma con il passare del tempo (cioè adesso) il mal di testa sta cominciando a ritornarmi. Non vedo l’ora di potermene tornare a casa.

Da domani si riprende a bloggare, perchè ho tante cose da dire, dai Community Days 2 a tanto altro ancora. Stay tuned!

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Milano seconda città turistica d’Italia!

Al primo posto ovviamente c’è Roma. Terzo posto per Venezia. Quarto per Firenze.

Sono particolarmente contento di questa classifica, perchè Milano secondo me merita molto, peccato che sia invivibile per le strade, il traffico ed il caldo afoso di questo periodo. Roma al primo posto non ha bisogno di commenti: sono assolutamente d’accordo sotto ogni punto di vista. Venezia è sempre Venezia. Firenze al quarto, giù dal podio.

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Un pomeriggio pedalando

Parcheggio per una giornata intera al Parco dell’Idroscalo (nei dintorni di Linate): 3,50 Euro
Un biscotto gelato ed una bottiglietta d’acqua naturale fresca: 3,00 Euro
Fare quasi 25km in mountain-bike intorno al Parco dell’Idroscalo mentre gli idrovolanti decollano ed atterrano sull’acqua NOH HA PREZZO.

Ma adesso sono veramente stanco, perchè non faccio molta ginnastica e devo recuperare un po’ il fisico. Però – devo dirlo – adesso mi sento un po’ più ossigenato e sento letteralmente le giunture di braccia e ginocchia più sciolte. Ogni tanto ci vuole! Bella domenica.

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Imparare l’inglese con il PC

Il titolo del post è così stupido che sembra che voglia parlare di quelle raccolta da edicola per imparare – appunto – l’inglese.

Qualche giorno fa, non mi ricordo con chi (probabilmente era un collega) stavamo pensando ai bei tempi, ovvero quelli nei quali la nostra passione è sbocciata per farci arrivare dove siamo oggi. I soliti discorsi nostalgici di noi informatici, nè più nè meno, insomma. E siamo arrivati a dire che noi siamo stati un pochino fortunati, perchè chi si è ritrovato a videogiocare durante gli anni ’90 (ma in realtà anche da molto prima) ha avuto la possibilità quasi a livello inconscio di imparare l’inglese. Mi spiego meglio.

Pensiamo banalmente a Prince Of Persia, Indianapolis 500, la saga di Ultima (compreso l’Underworld), Eye Of The Beholder ed un’altra camionata di videogiochi che avevo e con i quali ho giocato. Tutti videogiochi che avevo erano in inglese. Grazie a quelli, ho cominciato a masticare l’inglese, volente o nolente. Ma in realtà anche il semplice uso di un PC doveva obbligatoriamente passare da una minima conoscenza della lingua straniera, perchè il DOS ed i vari software shareware/freeware (Winzip, RAR, editor di testi vari) erano tutti in inglese. Magari inizialmente si passava da termini semplici e banali per arrivare a frasi più complesse. Ricordo le fasi iniziali di un gioco di ruolo per PC, nel quale si stabiliva la classe del proprio personaggio (guerriero, ladro, stregone, etc.) in base alle risposte che si davano alle domande poste da una zingara che si incontrava all’inizio dell’avventura: leggere quelle domande era tutt’altro che semplice, anche perchè erano espresse in un inglese volutamente arcaico e “deformato”. Oppure, ancora: avete mai provato a fare il setup di un’auto di Indy 500? Avete mai fatto un volo con il mitico Falcon F-16? Si imparavano termini come gear, throttle, brakes, tires, lap, steer, wheel ed un altro centinaio di parole: le stesse che compaiono oggi durante i gran premi di Formula 1 o di Moto GP! Oppure, mi viene in mente quando sentii Andrea dire picklock: ancora una volta, chi si è ritrovato a giocare di ruolo (su carta o su PC) negli anni che furono, ha dovuto per forza farlo in in lingua inglese, perchè avere qualcosa in italiano  era assolutamente un tabù.

I bambini ed i ragazzini di oggi invece non hanno questa possibilità, perchè oggi la maggior parte dei videogiochi e delle applicazioni è totalmente localizzato nella nostra bella lingua italiana. Non solo, sono anche parlate, e quindi leggono anche di meno. Da Windows XP/Vista fino ad arrivare a Need for Speed Most Wanted. Ci sarebbe Internet – che ai nostri tempi non c’era – ma non conosco alcun ragazzino che vada sulla Internet non-italiana solo per imparare una lingua staniera. La mia sorellina, per esempio, quando va sul sito della Disney e trova qualche parola che non conosce, preferisce chiamare me invece di prendere il piccolo dizionario per cercare il termine. Solo che io invece di darle la soluzione cerco di farla ragionare e di darle gli aiutini.

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Ai cinesi, per favore, facciamo fare solo i microchip

Il titolo è volutamente assurdo e provocatorio. Ammesso. Non voglio dire che ogni popolo abbia determinate peculiarità tali per cui conviene far fare a loro determinati lavori che magari a noi non vengono bene. Forse è così nel grande, nel macro. Forse sono semplici credenze o tradizioni che sono arrivate a noi nel corso degli anni, per cui si dice che gli svizzeri fanno bene il cioccolato, in Germania ci sono i crauti, in Puglia il prosciutto cotto non è nemmeno lontanamente buono come il nostro, i francesi hanno il vino (quasi) buono come il nostro e così via. Forse sono luoghi comuni e niente di più. Volete sapere una cosa? Ci sono luoghi comuni a cui mi piace credere e luoghi comuni che invece combatto con tutto me stesso.

Fra questi ultimi, ce n’è uno in particolare. Per favore: siamo italiani, la nostra cucina è la prima nel mondo e non ammetto neppure un secondo di andare a mangiare in una pizzeria gestita da cinesi. Lo posso fare in pausa pranzo, ma non per una festa di compleanno di una mia amica. E questo non è un luogo comune, e adesso vi racconto il perchè.

Data : ieri, 10 Giugno 2007
Ora  : 20:15
Motivo: festa di compleanno a sorpresa della mia amica Stefania
Luogo: Pizzeria “Il Veliero”, Sant’Angelo Lodigiano (LO)

La pizzeria di cui si parla è un locale dentro il mio paese, ed è sempre stata gestita da gente del posto. Due mesi fa è passata in gestione a cinesi, o filippini, o giapponesi: per me son tutti uguali (nel senso buono, eh). Flavio, il ragazzo della Stefania di cui sopra, decide di organizzare una festa a sorpresa proprio al Veliero. Piccolo preambolo: dal momento che la pizzeria è interna al paese, la si può raggiungere in ogni modo: a piedi (grande Fabio!), in bici, in auto, in skate, in pattini, in motorino, in paracadute, etc, ed è di conseguenza la meta preferita di tutti quelli che non hanno patente. Un esempio per tutti: tredicenni che vogliono festeggiare la fine della scuola. Capita così che la prima cosa che penso quando Flavio mi dice: “Ue, domenica sera festeggiamo la Ste al Veliero per il suo compleanno” è “Porca <censura>, saremo circondati da un mucchio di 13/14enni che saranno lì apposta a fare baccano!

Ed in effetti così è. Previsione azzeccata. Ma alla fine, pazienza, siamo in Italia che è un posto civile, e quindi deve esserci posto sia per loro che per me. Ma la cosa davvero incredibile è andare a mangiare in una pizzeria gestita, come dicevo prima, da cinesi. Un po’ non capiscono cosa dici, un po’ non hanno minimamente idea di come si faccia da mangiare davvero. A fine serata, Flavio decide di far portare al tavolo una piccola torta-gelato per il compleanno: si alza, dà un’occhiata al frigorifero, ne sceglie una e lo dice alla tipa. Questa torna dopo un minuto con la torta ancora chiusa nella confezione di plastica all’ingrosso, come se volesse portarsela via per mangiarsela a casa! Flavio voleva fare una sorpresa a Stefania, e l’unica cosa che ha ottenuto è quella di mettersi le mani nei capelli! Ma non è finita qua. Chiarito l’equivoco, diciamo alla stessa tipa di portarcela aperta, perchè quello è un compleanno: torna dopo un minuto, torna con la torta aperta, in una confezione di plastica, senza piattini, senza cucchiaini. Sconsolata, Stefania si alza e sistema lei le cose: credo che sia andata direttamente in cucina per farsi dare tutto quello che serve per servire una torta come si deve. E meno male che era la festeggiata!

E quindi, direbbe qualcuno??? E quindi, per favore, ai cinesi facciamo fare i microchip? Sto esagerando? Sto facendo di tutte le erbe un fascio? Certo, e dico scusa in anticipo. Ma credo che fare di tutte le erbe un fascio serva a prendere decisioni e ad avere un certa posizione in materia: son convinto che se analizzassi il problema, per sua natura diventerebbe più complesso e quindi più difficilmente misurabile. Probabilmente troverei pizzaioli cinesi bravissimi e troverei ristoranti gestiti da cinesi la cui qualità è ottima. Le statistiche, i numeri, i grafici e le tabelle servono per certi versi a fare di tutte le erbe un fascio, ma sono il principale strumento che viene usato per prendere decisioni.

Ma il vero problema non è questo. Il problema è che secondo me noi italiani ci stiamo facendo distruggere dall’immigrazione. Voglio essere chiaro su questo: in passato ho lavorato con egiziani, tunisini, marocchini e camerunensi, sia quando lavoravo con mio padre come falegname, sia successivamente come programmatore e come libero professionista. Nulla da dire, e non scherzo. Dico che quando l’immigrazione arriva in Italia e ci toglie le nostre tradizioni è un peccato, di cui un giorno pagheremo le conseguenze. La nostra Italia – anche a causa della globalizzazione – rischia di uscirne snaturata, e questo avviene già oggi con il lento passare del tempo. Credo che ci siano mestieri che possono guadagnare dalla globalizzazione e dalla possibilità di avere manodopera che arriva dall’immigrazione, ma altri proprio no.

P.S. : so già che ogni parola di questo post verrà analizzata ai raggi X, al microscopio elettronico e verrò messo sotto accusa per chissà quali cose. Il mio messaggio, che ho scritto in fondo, credo sia chiaro: ci sono lavori che possiamo fare tutti, e ci sono lavori per i quali dobbiamo essere portati. Ci sono lavori legati alle tradizioni, alla nostra cultura, al nostro Paese. La stessa cosa – sia chiaro – vale anche per noi: se un italiano gestisse un ristorante cinese, non sarebbe ridicolo?

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