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[ByteAdventure] The Dark Side of the Tile

Prologo
I bytes si tenevano stretti stretti, come fossero un array. In realtà era minuscole entità ben distinte e separate. Avevano seguito un briefing poco prima di arrivare lì e di essere assegnate per quel task, perciò erano ben consapevoli di ciò che avrebbero dovuto fare e subìre, di ciò che avrebbero visto e di cosa avrebbero dovuto fare. Ma si sa come vanno queste cose: sebbene qualcuno possa raccontarti nei minimi dettagli un’esperienza, finché non la si vive in prima persona non si avrà mai la consapevolezza di cosa significhi.

Era con questo stato d’animo che i bytes aspettavano, un misto di eccitazione e di ansia.
Poi arrivò.
Quando l’onda d’urto esplose davanti a loro, era impetuosa e di una forza terrificante.
I bytes vennero sospinti verso l’alto, all’unisono, rapidamente.
Ed il mondo si capovolse.

…4 secondi prima…
Era una giornata soleggiata, priva di vento. Il cielo era terso, e questo permetteva alle comunicazioni WiFi di viaggiare nell’etere senza interferenze o disturbi particolari. Fu in un momento così che il byte, che dapprima era rappresentato in formato analogico da un pizzico di energia, approdò ad un dispositivo dotato di antenna 802.11n. L’ingresso avvenne in modo semplice ed efficace: il modem convertì il byte nel suo formato digitale. Formato in cui si sentiva decisamente meglio.

Il byte aprì una porta bianca, l’unica porta che poteva vedere nella stanza in cui si trovava. Al di là della porta stava un suo simile, un byte come lui. Era seduto ad una scrivania multitouch, la cui superficie era luminescente, pieni di numeri, scritte ed indirizzi di memoria che lampeggiavano, azzurre su sfondo nero. Il byte aveva appena il tempo di leggerle, che esse svanivano via per non tornare più; utilizzava i suoi 8 bit per sfiorare alcune zone sensibili dello schermo: questo gli permetteva di muoversi e di navigare all’interno del sistema.

Al byte, ancora un po’ scosso per il lungo viaggio nell’etere, gli sembrò una sorta di controllore.

“Ben arrivato, byte”. Puoi chiamarmi I/O.” – gli fece il tizio.
”Buongiorno a lei, I/O. Byte[6708] a rapporto. Sono arrivato, ho un messaggio urgente da consegnare!”
”Ricevuto, faremo il possibile per consegnarlo. Sai dove ti trovi, vero?” – chiese I/O.
”Uhm, veramente no, ma non è importante, credo. O no? Dovrei sapere qualcosa?”

I/O sorrise e si alzò in piedi, cercò di darsi un tono.
”Ti trovi all’interno di un sistema Windows Phone, Versione SO 7.10.8107.79, Firmware 2250.21.51101.401, Hardware 0002. Non è un sistema desktop, questo in cui ti trovi è un sistema mobile di prim’ordine. Qui efficienza, velocità e consumi di batteria e di memoria sono questioni importanti. Se sei qui, significa che un’app installata ha richiesto la tua presenza. Consegnami la tua firma digitale.”.

Il byte non fece altro che osservare per una frazione di TimeSpan il lettore digitale di cui disponeva I/O. Grazie a quella scansione, I/O riuscì a compilare una sorta di carta d’identità del byte appena arrivato: qual’era la ragione per cui si trovava lì, qual’era l’app coinvolta, qual’era il contenuto del messaggio che portava.

“Sei assegnato alla UI” – decretò I/O – “per cui il tuo viaggio sarà molto breve. Ma direi piuttosto interessante; durante la notte su questo device viene attivata la Modalità Aeroplano, ed è il momento migliore per noi, perchè non c’è nulla da fare ed abbiamo il tempo di raccontarci storie ed esperienze. E dai bytes che hanno lavorato sulla UI ho sempre sentito racconti affascinanti.”. Gli occhi di I/O si fecero per un attimo sognanti. Byte pensò che molto probabilmente provava un po’ di invidia per lui.

“Ora va’, non puoi stare qui ancora molto, qualcuno ha bisogno di te”.

…2 secondi prima…
Il byte salutò I/O uscendo dalla stanza. Muoversi all’interno del sistema era molto diverso rispetto ai metodi a cui era abituato. Solitamente in un sistema desktop o server poteva accedere ai bus di sistema, alle singole celle di memoria, al PCI-Express, ai controller USB, e via dicendo. Qui invece il sistema di trasporto era affidato ad una sorta di Metro interna, i cui itinerari erano ben fissati dall’architettura del sistema stesso. Potevi essere destinato a comporre il package di un’app, essere un SMS, una scheduled task, o poche altre alternative. Al byte diede subito l’impressione di essere un sistema hardware & software affidabile e per certi versi chiuso, in cui era impossibile girovagare e ficcare il naso in faccende estranee. Il tutto era strutturato come in una sandbox, dove era vietato superare limiti non concessi.

Al byte vennero in mente i discorsi di I/O di pochi istanti prima, e concluse che probabilmente era meglio così.
Si fece scansionare ancora una volta dal sistema di trasporto interno, ed la Metro di sistema lo portò a destinazione in pochissimi istanti.

…1 secondo prima…
Il byte arrivò nel lato back di una tile. Era buio fitto, e percepiva la presenza di altri moltissimi bytes come lui. Formavano una tile 173×173, proprio sulla Start Page di un telefono Windows Phone 7. Si tenevano stretti, mano nella mano, per comporre un’icona, una tile che presto, prima o poi, si sarebbe ribaltata per essere portata alla luce, sulla UI principale del telefono. Il byte sentiva il respiro regolare e silenzioso degli altri bytes, ansiosi di fare il loro lavoro e di essere utili a qualcuno. Ad ogni pixel era assegnato un posto preassegnato. Nonostante il buio pesto, ciascuno conosceva esattamente qual’era la sua posizione. Il byte era l’ultimo, e tutti stavano aspettando lui: la tile si sarebbe completata solamente con la sua presenza. Il byte corse, schivando gli altri e raggiunse la sua cella nella griglia: afferrò le mani dei due pixel adiacenti e per la prima volta si sentì tranquillo. Adesso il suo compito era finito, doveva solo aspettare il da farsi.

D’improvviso una voce si elevò sopra le altre. Nessuno riuscì a capire da dove arrivasse. Era autoritaria, precisa nello spiegare e sicura di sé.

“Buongiorno a tutti, bytes! Se siete qui, è perchè avete avuto l’autorizzazione adeguata! Siete in un telefono Windows Phone, dovreste esserne orgogliosi. Mentre in tutti gli altri telefoni di questo pianeta capeggiano icone statiche ed immobili, morte e scarne, vecchie ed antiquate, qui le cose sono ben diverse!!”.

Un breve attimo di silenzio per caricare la folla che lo ascoltava.
“Noi qui non siamo morti, siamo VIVI! Non siamo icone, siamo TILE!”

I bytes 173×173 rispondevano ed urlavano spasmodicamente, in preda all’euforia.
”SI, NON SIAMO icone, SIAMO TILE!!!!! SIAMO VIVI!!!!!! VOGLIAMO VIVERE!!!! VIVIAMO!!!!!”

La voce tonante ricominciò ad inneggiare sulla folla.
“Abbiamo atteso a lungo questo momento, e finalmente ci siamo! Ora è il nostro turno!!!!”
Alzò le braccia, e fu solo in quel momento che la <RotateTransform /> cominciò a far ruotare la tile sottosopra, in pochi decimi di secondi.
I bytes vennero sospinti verso l’alto, all’unisono, rapidamente. La tile ruotò in un battere di ciglia: ciò che prima era davanti finì dietro, e viceversa. Ciò che prima era “front” divenne “back”, e viceversa. I bytes si mantennero in equilibrio accompagnando la rotazioe, senza scomporsi più di tanto.

Il Dark Side of the Tile modificò il proprio assetto.
Ed il mondo si capovolse.

Epilogo
Quando la trasformazione geometrica terminò il proprio lavoro, i bytes erano alla luce del sole. Non erano mai stati così a contatto con l’Aldilà, con il mondo esterno. C’era una luce abbagliante, ed il mondo era così pieno di colori, di movimento, di vita, che ne rimasero commossi. Passarono molto tempo a cercare di intuire qualcosa del mondo esterno, così diverso dal loro, eppure così affascinante. Vedevano oggetti di cui avevano soltanto sentito parlare, o di cui avevano visto solamente una rappresentazione digitale all’interno del sistema.

Il byte era fra questi. Guardava ed osservava con gli occhi sbarrati nonostante l’intensa luce, e la bocca aperta per lo stupore. Qualcosa di gigantesco si avvicinò a lui, sempre più vicino. I bytes urlarono di gioia. Qualcuno al di fuori stava interagendo con loro. Quando il dito toccò la superficie dello schermo del telefono Windows Phone, i bytes provarono una sensazione strana. Era una sorta di contatto fisico strano, qualcosa che non riuscivano a spiegarsi.

Forse era la cosa più simile al solletico che un byte potesse percepire.

Piccolo appunto finale
Durante la notte inserite la Modalità Aeroplano del vostro Windows Phone: anche lui ha bisogno di un po’ di riposo, i bytes hanno diritto di rilassarsi e di raccontarsi storie fra loro.

Sorriso

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Igor Damiani

La sua passione per l'informatica nasce nella prima metà degli anni '80, quando suo padre acquistò un Texas Instruments TI-99. Da allora ha continuato a seguire l'evoluzione sia hardware che software avvenuta nel corso degli anni. E' un utente, un videogiocatore ed uno sviluppatore software a tempo pieno. Igor ha lavorato e lavora anche oggi con le più moderne tecnologie Microsoft per lo sviluppo di applicazioni: .NET Framework, XAML, Universal Windows Platform, su diverse piattaforme, tra cui spiccano Windows 10 piattaforme mobile. Numerose sono le app che Igor ha creato e pubblicato sul marketplace sotto il nome VivendoByte, suo personale marchio di fabbrica. Adora mantenere i contatti attraverso Twitter e soprattutto attraverso gli eventi delle community .NET.

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