[Cyberpunk.EpisodeTwo]
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Da qualche parte nel Sud Italia,
16 Luglio, ore 7:35
Eclipse si svegliò il giorno dopo di buon’ora. Il sole si era alzato da un paio d’ore e l’aria era ancora frizzante per il freddo della notte. Sentiva chiaramente il rumore generato dal mare agitato: aveva scelto la sua piazzuola in un punto interno del campeggio, avvolto fra i pini marittimi, ma la spiaggia non era distante e quando il vento soffiava dalla parte giusta, sentiva gli schiamazzi dei ragazzi che passavano la giornata in spiaggia. Oggi non era una di quelle giornate; alzò gli occhi al cielo e vide grandi nuvole temporalesche che, lui lo sentiva dal vento che gli soffiava sul volto, si spostavano lentamente. Presto sopra di loro si sarebbe scatenato un bel temporale. Abbandonò quei pensieri: era affamato, come ogni mattina, perciò prima di dedicarsi al suo lavoro preferì consumare fette biscottate – di cui finì la confezione – con marmellata ed un paio di bicchieri di succhi di frutta.
Mentre si riempiva lo stomaco, Eclipsè riordinò le proprie idee per prepararsi al meeting del pomeriggio con il team di ricercatori con i quali collaborava, e ai quali doveva consegnare le Secure Digital che Ajax gli aveva consegnato la sera prima. Quello era solo uno dei passi. Da lì a due mesi la commissione avrebbe dovuto dare un giudizio al lavoro svolto all’interno del progetto LifeByte: se il giudizio fosse stato positivo, la sua vita sarebbe cambiata per sempre. O almeno, lo sperava. Mandò giù un sorso di succo alla pera, assaporandone il sapore. Eclipse, 53 anni compiuti da poco, era un magnate nel settore dell’elettronica. La sua azienda era diffusa e conosciuta in tutto il mondo, comprendeva un certo numero di sedi ed i suoi prodotti erano venduti dappertutto: Europa in primo luogo, poi America ed Asia. Si occupava di personal computer, networking, strumenti di connettività, Internet ed ogni altro tipo di hardware. La società aveva importanti partnership con case produttrici di cellulari, sistemi operativi per computer ed ogni tipo di periferica, dalle stampanti ai monitor, dai dongle USB alle più complesse mainboard del mercato. Possedeva una certa parte di banche, istituti di credito, stampa e televisioni. Era entrato nei primi 100 uomini più ricchi del mondo, e nel 2001 la rivista Time lo aveva eletto uomo dell’anno per aver finanziato – almeno in parte – la creazione del prototipo di un sito che qualche anno dopo sarebbe diventato YouTube, aprendo una nuova era nelle applicazioni Web. I suoi detrattori lo definivano un “figlio di papà”, uno di quelli che avevano ereditato una fortuna, uno di quelli per cui la vita era sempre stata facile, ma Eclipse non la pensava così. O certo, suo padre era estremamente ricco, e quando era passato a miglior vita tutta la sua ricchezza era passato a lui, figlio unico. Ma suo padre aveva costruito il proprio impero sul commercio di articoli da ferramenta. Eclipse aveva voluto ricominciare daccapo, ironicamente trattando anche lui di ferramenta…ma di ferramenta informatica: hardware, appunto.
Eclipse era soddisfatto della propria vita e del proprio successo, si considerava per certi versi arrivato, ma il progetto LifeByte aveva dato nuova linfa alla sua voglia di affermazione e lo aveva stimolato come non gli succedeva da anni. Per la prima volta nella sua vita un progetto non lo aveva portato a creare un prototipo hardware, non aveva bytes, nè clock, nè firmware, ma era basato sul carbonio. Il prototipo di LifeByte era un organismo vivente, una persona, e nella fattispecie Ajax, il ragazzo dj 23enne che aveva incontrato poche ore prima. Eclipse si rendeva conto che interi decenni di fantasie cyberpunk potevano essere tranquillamente spazzate via, perchè Ajax era una realtà. Naturalmente, il mondo era ancora all’oscuro delle tecnologie messe a punto dai suoi laboratori di ricerca, ma il magnate era pronto a rendere tutto pubblico, non appena la commissione avesse approvato il lavoro. Nessuno gli avrebbe messo a bastoni tra le ruote, tutto sarebbe andato per il meglio. Senza accorgersene, Eclipse sorrise debolmente, pregustando l’impatto che le sue ricerche avrebbe scatenato sul mondo intero. Sognò di un mondo dove tutti potessero avere libero accesso alla Rete, sempre ed in ogni luogo, poter sapere tutto in ogni istante, essere costantemente informati, acquistare un libro dall’altra parte del mondo mentre si cammina per la strada, tenere d’occhio il proprio conto on-line solo con un pensiero, comunicare potenzialmente con qualsiasi altra persona della Terra semplicemente convogliando le parole su uno stream digitale nella mente. Sentiva che questa volta non solo avrebbe regalato qualcosa a se stesso e alla sua società, ma anche all’umanità intera. Eclipse si ridestò dai suoi sogni quando la sveglia del Casio che portava al polso trillò, per avvisarlo che aveva un aereo da prendere. L’aereo era il suo jet personale, perciò l’avrebbe aspettato comunque, ma odiava fare tardi, soprattutto quando aveva in programma un incontro così importante. Prese il cellulare e compose il numero in cima alla lista delle chiamate recenti. Il cellulare dall’altra parte della rete squillò un paio di volte, poi rispose una voce femminile…
“Eccomi, sto arrivando, papà…” – la voce femminile sembrava appartenere ad una ragazza giovane.
“Ciao, tesoro. Fa’ con calma, ho ancora da fare qui.” – disse l’uomo.
“Ok, tanto sarò lì fra…” – fece una breve pausa – “…venti minuti, trenta al massimo. Non c’è traffico. A dopo“.
“Va bene, allora…passami a prendere davanti al campeggio, mi farò trovare lì“.
Prima che lei potesse continuare, Eclipse premette il tasto per chiudere la conversazione. Sistemò quello che c’era da sistemare, poi andò sulla roulotte per mettersi addosso qualcosa di pratico e comodo da indossare per il viaggio – avrebbe trovato qualcosa di più adatto alla riunione sull’aereo, o al massimo a Ginevra, la destinazione del volo, dove si trovava la sede principale della sua società. Indossò un paio di jeans, con una camicia dal colore ocra a righe verticali rosse ed un paio di scarpe sportive, ma non troppo alla moda. Prima di uscire prese la valigetta con le SD che Ajax aveva riempito di stream, chiuse a chiave la porta della roulotte e la veranda, poi si diresse con passo tranquillo verso l’ingresso del campeggio, dove sua figlia Managed sarebbe passato a prenderlo intorno alle ore 9:00. Attese solo una decina di minuti. Quando la grossa jeep Mercedes rallentò ed accostò accanto a lui, cominciarono a cadere le prime pesanti gocce di pioggia. “Giusto in tempo” – pensò Eclipse, salendo sulla vettura ed accomodandosi sul sedile dal lato del passeggero.