[IV] del Venerdì (19)
Oggi vi racconto una storia.
Un mio caro collega ha due anni meno di me, 29. Vive ad Asti ed ogni giorno si fa un paio d’ore di treno per arrivare a Milano, per lavorare assieme sul progetto a cui siamo stati assegnati. Il lavoro dello sviluppatore gli piace, insieme a tutto il gruppo ci si diverte, non avrebbe un motivo reale per cambiare posto di lavoro. Economicamente non si lamenta, e poi qui ce la caviamo piuttosto bene, perchè ci si riesce a ritagliare del tempo per leggere blog, per bloggare noi stessi, per vedere altre cose, per scherzare e così via. Tutto questo fino ad un cambiamento radicale della sua vita: la nascita del figlio Francesco, avvenuto ai primi di maggio di quest’anno.
Da quel giorno, la moglie gli fa un po’ di pressioni per tornare a casa prima e, soprattutto, per trovare un nuovo lavoro vicino a casa. Ad Asti non si trovano molte opportunità per programmatori, e quindi si è dato da fare per trovare qualcos’altro fino a Torino. Andare a Torino gli costerebbe meno tempo, arriverebbe prima a casa e quindi sarebbe in grado di dedicare più tempo libero a tutta la famiglia, bimbo compreso. Ma come al solito, non si sa se il nuovo lavoro gli potrebbe piacere davvero oppure no: d’altro canto, qui ci si diverte con dispositivi Pocket PC/Windows Mobile e ci sono tutti i vantaggi che ho detto prima, mentre di là (parlo di un lavoro presso una filiale bancaria) magari il tutto diventa più noioso e, alla lunga, meno soddisfacente. Credo che noi programmatori siamo strani: per noi – o almeno, per me – non è solo una questione economica. Credo che sia importante il “vivere felici”. Sapere di svegliarsi la mattina e sapere di andare a lavorare in un posto sereno, con colleghi onesti è fondamentale, perchè lavorare in altri contesti potrebbe logorare davvero, e arrivare a casa “pieni di soldi” ma infelici, secondo il mio umile parere, non serve proprio a nulla. Non voglio fare il maestro di vita, come mi è stato accusato molto tempo sul Muro di UGIdotNET, ma nel mio piccolo ci sono passato, ed è un’esperienza che non vorrei ripetere, e che non augurerei nemmeno al peggiore dei miei nemici (…ok, dai, forse a qualcuno sì!). Ovvio, non voglio prendere due soldi, voglio prendere il giusto…quello che vorrei trasmettere è che la qualità della vita deve ricoprire una parte importante delle nostre decisioni, cosa che secondo me non sempre si fa.
Leggevo l’altro giorno diverse statistiche sul giornaletto di tutto: sono statistiche che mi lasciano sempre perplesso, perchè vengono fatte di tutte le erbe un gran bel fascio. L’altro giorno – per l’appunto – si diceva che le donne sono meno infelici degli uomini perchè il lavoro le opprime e hanno poco tempo libero per loro stesse. Non voglio crederci più di tanto, francamente, però se faccio mente locale a penso alle mie amiche, quasi tutte fanno un lavoro che segue poco le loro ambizioni di una volta. Di una per esempio ho parlato qua, in un mio bellissmo post (scusate la modestia, ma rileggendolo…ho capito che mi piace davvero!). Non penso siano infelici in modo assoluto, penso solo che siano più infelici di me. Non è il lavoro che regala una felicità assoluta – ci sono ben altre cose, e ci mancherebbe – ma dato che si passano più di 8 ore al giorno nell’ambiente lavorativo, sarebbe proprio bello cercarsene uno che ci faccia vivere tranquilli.