[Beginning] Il byte in viaggio verso una GeForce
Dedicato a tutti quelli che hanno il PC che swappa, che ogni tanto si blocca, che rallenta, che si inchioda. Ricordatevi sempre che i bytes, ogni tanto, possono tranquillamente farsi i cavoli loro, come chiaccherare e decidere di cominciare un viaggio senza che nessuno gliel’abbia detto.
Buona lettura!
L’algoritmo di anti-aliasing (AA) generava uno strano effetto persino sul byte che tutto tranquillo se ne stava per i fatti suoi. L’entità byte guardò il proprio corpo e notò che parte di esso era nero come la notte, mentre le estremità tendevano ad assumere colorazioni di nero in qualche modo più chiare. Diverse. Si sorprese, sebbene vivesse già da molto tempo all’interno del sistema dual-core che lo ospitava.
Non aveva nulla da fare, e per questo passava il suo tempo libero allocato in una cella di memoria senza far nulla di particolare. Continuava ad osservare gli effetti che AA generava sul suo corpo…le tonalità di nero e di grigio scuro fluttuavano da un punto all’altro…prima erano le sue mani ad essere scure, un ciclo di clock dopo lo erano i piedi. Quando AA renderizzava il colore RGB 0x000000 sulla testa, il byte veniva colpito da un lieve giramento di testa…quasi piacevole…ma…come non gli era mai capitato prima. I colori viaggiavano come onde del mare sul corpo virtuale del byte.
Il byte fece per uscire dalla sua cella di allocazione, quando ne vide arrivare un altro sul bus di indirizzamento che correva poco più sotto. Il byte notò subito che il suo simile faceva parte di un array, perchè portava chiara ed evidente sul petto l’offset dell’array a cui apparteneva: 0x130. Il byte lo fermò per chiedergli delucidazioni.
“Fermati!” – ordinò il byte, sbarrando il bus. L’array non ci passava più, e fu costretto a fermarsi.
“Che vuoi ?” – chiese il byte[130].
“Anche a te succede questa cosa ?” – chiese il byte, mostrando al suo interlocutore gli effetti di AA.
“Oh, certo, da che parte del sistema arrivi ?” – rispose di rimando byte[130] – “Guarda…anche io sono come te!“
Il byte osservò per qualche istante byte[130] e non potè che confermare. Anche il corpo di byte[130] era in continuo movimento, sebbene nel suo caso i colori fossero più vivaci e luminosi. La testa, le braccia e parte del petto erano di un verde brillante, mentre gambe e piedi sfumavano verso un verde scuro più intenso e profondo. Se i bytes conoscessero boschi o alberi, probabilmente associerebbero questi colori a giovani foglie di primavera, cariche di verde brillante. Ma non li conoscono, e dal punto di vista dei bytes tutte le varietà di colori non sono altro che combinazioni di 3 bytes, secondo la codifica RGB. Nulla di particolarmente poetico, tranne che per il byte, che continuava ad esserne attratto.
Il byte diede un’occhiata dietro a byte[130], curioso di vedere quali altri colori avessero i bytes dell’array. Ma non ne trovò altri, byte[130] sembrava essere il primo e l’ultimo byte dell’array. Ma non poteva essere.
“Dove sono gli altri elementi dell’array? Sei l’unico elemento che vedo qui!” – domandò byte a byte[130].
“La memoria è frammentata. Credo che gli altri 512 bytes siano da qualche parte più avanti. Non posso raggiungerli, ma non devo perdere terreno, altrimenti l’elaborazione del secondo core del sistema subirà pesanti rallentamenti. Devo andare!” – rispose byte[130].
“Ok, solo un’ultima cosa: chi causa questo AA ? Chi è il responsabile ?”
byte[130] sorrise ingenuamente. Conosceva perfettamente la risposta, e gli piaceva sempre dialogare con gli altri bytes, ma questa volta non aveva davvero tempo: l’OS lo chiamava, sentiva che lo stava chiamando. Si voltò di spalle ed indicò un enorme palazzo lontano, a migliaia e migliaia di offset di distanza. Il byte l’aveva visto anche prima – naturalmente – ma non pensava che fosse così importante.
“Cosa diavolo è quel palazzo ?” – chiese il byte.
“Quella è, come la chiamerebbero i Creatori, la scheda grafica. Graphics Device, Graphics Unit, insomma…è il componente del sistema che si occupava di renderizzare, cioè di inviare in output tutto quello che il Creatore deve vedere. Senza di lei, probabilmente perderemmo gran parte della nostra efficacia. Tutto quello che il sistema elabora e che deve essere visualizzato, passa dalla scheda grafica.“
byte[130] proseguì velocemente nella sua spiegazione.
“L’effetto AA, che è quello che ci ritroviamo addosso, è solo uno degli algoritmi che applica, allo scopo di ottimizzare l’immagine finale in output. Per evitare che sul monitor compaiano scalettature, un determinato colore viene sfumato in corrispondenza degli altri colori vicini, così da generare un graduale cambiamento del colore stesso. Ma forse è troppo complicato per te, non è vero? Comunque, normalmente non accade che AA disturbi così tanto noi bytes sui tradizionali bus di trasmissione del sistema. Probabilmente qualche problema sui driver genera qualche disturbo che sinceramente non ti so spiegare. Ora però devo andare davvero.“
Durante la spiegazione, il byte teneva gli occhi inchiodati sul palazzo che byte[130] gli aveva indicato. Voleva andarci. Voleva entrarci, farci un giro, capire cos’è un algoritmo di anti-aliasing, una texture, di cui aveva sempre sentito parlate. L’aveva capito fin da subito. Guardò meglio il palazzo. Era altissimo, più di 0x4C2A8 piani, scintillava da innumerevoli punti luminosi che coprivano l’intera superficie: probabilmente – si disse il byte – erano endpoint, porte di comunicazione verso l’esterno. Adesso che osservava meglio, gli sembrava di notare giganteschi stream di bytes che entravano nel palazzo, ininterrottamente, senza perdere un solo ciclo di clock. Si immaginava l’interno. Enormi stanze, ciascuna adibita ad elaborazioni diverse. Una stanza dedicata alle texture, un’altra al bump-mapping, un’altra ancora al cacolo del frae-rate ottimale.
“E come faccio ad arrivarci ?” – chiese di nuovo ansioso il byte.
Ma non gli arrivò mai risposta. Solo silenzio. byte[130] se ne era andato di soppiatto, di nascosto, senza attirare l’attenzione. La domanda cadde nel vuoto. Il byte rimase lì, solo, sul bus, con in testa una sola piccola ed ossessionante idea: quella di raggiungere subito la GeForce, godersela, ed uscire il più tardi possibile. Lasciò la cella di allocazione che gli era stata assegnata e se ne andò tranquillo per il sistema, rischiando di generare instabilità e, forse, qualche blue-screen del sistema operativo. Ma ne valeva la pena. Oh sì, ne era sicuro: ne valeva proprio la pena.