Technology Experience
My personal life

Bye Bye Twitter

E’ qualche mese che ci ragionavo su, ma nelle scorse settimana ho deciso di abbandonare Twitter. Ma lo faccio con calma, lo faccio come un fumatore che pian piano diminuisce ogni giorno la velenosa dose di nicotina che assume, per avvicinarsi lentamente allo zero, senza fretta e dando tempo al proprio organismo di abituarsi. Per questo motivo l’account è fisicamente ancora attivo, ma l’utilizzo che ne faccio è davvero molto diminuito nel tempo, ed è comunque strettamente legato ad un ambito lavorativo (molti RT, pochissimi tweet scritti di mio pugno).

E’ molto difficile per me cercare di spiegarvi il motivo con poche frasi.

Prima di tutto, mi sono reso conto di una cosa. 140 caratteri non fanno proprio per me. Cercare di esprimersi in questo modo è alla lunga frustrante; siccome bisogna essere concisi, si cerca sempre la battuta d’effetto, la frase sarcastica, il tutto secondo me usando un umorismo davvero malsano. Mi ero sempre detto: se hai la sensazione che Twitter sia un posto “sbagliato”, devi dare la colpa alle persone che segui, che evidentemente non fanno per te. Questo in una prima fase. Poi ho cominciato a dirmi: se hai la sensazione che Twitter sia un posto “sbagliato”, defollowa, ritagliati un Twitter su misura. Fai in modo – mi dicevo – che quando apri la timeline ti venga voglia di sorridere. Questa fase è durata per un po’, poi ho cominciato a stancarmi anche di questa. La verità è che Twitter non è più davvero il posto che fa per me, punto, senza scuse. Mi annoia, e trovo molto limitanti le interazioni che si possono avere su questo social network. Ma non è tutto qui, c’è molto altro da dire.

Twitter è una grande piazza, mentre la vita reale non è fatta in questo modo. La vita è fatta da un contesto ben preciso alla volta, mai contemporaneamente. Ci sono momenti in cui ti trovi con i tuoi genitori, altri in cui sei solo con la tua ragazza, altri in cui stai lavorando con i tuoi colleghi, altri ancora in cui sei con uno o più clienti, oppure con perfetti sconosciuti su una metropolitana, e via dicendo. In tutti questi contesti siamo sempre noi stessi, assumiamo probabilmente comportamenti diversi, perchè ciascuno degli esempi che ho elencato prima rappresenta una sfera più o meno intima/personale o pubblica (giusto Lorenzo?) in base alle persone con cui ci si sta rapportando. Twitter è completamente l’opposto ed è totalmente fuori assetto, e così vale per ogni social network. E’ una grande piazza in cui tutte le persone che hanno preso parte alla tua vita (ed a volte neppure quello, visto che ci sono anche perfetti sconosciuti) ti stanno ascoltando contemporaneamente, e questo genera davvero una serie molto spiacevole di accadimenti. Su Twitter mi hanno dato del razzista o del poco coerente ed ho litigato diverse volte su ogni argomento possibile ed immaginabile. Apri bocca contro qualcosa che non ti piace di Apple, e saltano fuori persone a cui non piacciono le mie affermazioni. Amen. Faccio una battuta su cinesi o giapponesi, e subito vengo bollato come razzista. Non fai RT, e qualcun’altro si offende. Amen. Credi di collaborare attivamente ed in modo proficuo con un’associazione no-profit, instaurando buoni rapporti, ed invece ti tagliano fuori da determinate iniziative. Parli con la ragazza che ami, e ti legge la ex di cinque anni prima. E’ come aprire la finestra e mettersi a gridare qualcosa al (tuo) pubblico intero. Se scrivi una cosa in forma anonima, giustamente non si capisce chi è il vero destinatario, con il risultato che mezzo pianeta pensa che il messaggio è rivolto a lui. Per me Twitter era prevalentemente un gioco. Ogni singolo tweet era per scrivere un mio pensiero in quel preciso momento ed in quel contesto, mentre troppe persone trattano Twitter come una “cosa seria”.
Ma io non sono i miei tweet.

Tutto è dettato dal fatto che la parola scritta ha più peso rispetto alla parola parlata.

E per fortuna che è così, dico io. Il problema è che su Twitter l’unico modo che si ha per esprimersi – come dicevo prima – è la battuta, il sarcasmo, l’essere pungenti. E non sempre è divertente. Troppo spesso si viene etichettati per un tweet, come se quel tweet rappresentasse il tuo pensiero dalla nascita fino alla morte. Nessuno pensa che quel tweet ha valore per quell’istante T, e non per tutta la tua vita. E così…ecco che ci si permette di dare del fanboy, oppure dell’incoerente, oppure del razzista, e via dicendo. Definizioni – ne sono certo – che nessuno si permetterebbe di dirmi in faccia, perchè fondamentalmente chi mi conosce sa che non nessuna di quelle cose (ok, un pochino fanboy lo sono). Invece su Twitter è così. Amen. Nessuno pensa che dall’altra parte ci può essere uno che si offende, uno a cui si alza la pressione, che si arrabbia, che ci rimane male, e che poi non ci dorme la notte.

La cosa interessante è che anche i mass-media ragionano in questo modo: oramai non c’è trasmissione TV che non abbia associato un account Twitter, oppure semplicemente un hashtag. Tutte, davvero tutte. Ancora una volta, anche loro credono alla parola scritta su Twitter, senza prendere in considerazione che l’assunto iniziale di Twitter è che la forma di comunicazione è in qualche modo “sporcata” dalla pochezza dei 140 caratteri. Presto se ne renderanno conto anche loro, spero. C’è tutto un mondo là fuori contaminato dai social network: quando parte un servizio al TG, c’è sempre riportato l’account del giornalista, parte un nuovo reality-show ed ecco spuntare l’hashtag per finire nei trend. Ne ho piene le scatole di tutto questo.

E, badate bene, anche io stesso sono caduto in questo giro eh. Spesso mi è capitato di leggere tweet e di reagire in malomodo, cadendo esattamente nelle vostre stesse colpe. Mi è capitato volutamente di scrivere un tweet sarcastico, giusto per guadagnare qualche RT o semplicemente per sentirmi figo. Mi è capitato di offendere o di riprendere qualcuno. Quindi non è sola colpa vostra. Quindi siamo tutti pari. Quindi meglio così.

E’ per questo che nel mio cuore Twitter è morto. Come ho sempre detto in altri frangenti, non vi impedisco di usarlo, perciò continuate pure a frequentarlo. Tolgo il disturbo io. Per me, per ora, Twitter rimarrà esclusivamente uno strumento lavorativo. Il defollow di massa è già partito da qualche settimana. E continua.

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Igor Damiani

La sua passione per l'informatica nasce nella prima metà degli anni '80, quando suo padre acquistò un Texas Instruments TI-99. Da allora ha continuato a seguire l'evoluzione sia hardware che software avvenuta nel corso degli anni. E' un utente, un videogiocatore ed uno sviluppatore software a tempo pieno. Igor ha lavorato e lavora anche oggi con le più moderne tecnologie Microsoft per lo sviluppo di applicazioni: .NET Framework, XAML, Universal Windows Platform, su diverse piattaforme, tra cui spiccano Windows 10 piattaforme mobile. Numerose sono le app che Igor ha creato e pubblicato sul marketplace sotto il nome VivendoByte, suo personale marchio di fabbrica. Adora mantenere i contatti attraverso Twitter e soprattutto attraverso gli eventi delle community .NET.

3 pensieri riguardo “Bye Bye Twitter

  • La celebrita’ cyber sociale…
    Ai tempi del blog puro e vero era difficile avere nuovi followers, dovevi lavorare sodo, scrivere articoli interessanti e di sostanza per poter vedere il numerino dell’RSS aumentare di qualche unita’
    Ma oggi no, oggi abbiamo i Social media. Abbiamo Facebook dove ogni persona e’ un filoso e si pavoneggia semplicemente facendo share di aforismi dei quali non conosce ne’ la sostanza ne’ il significato.
    Abbiamo Twitter, dove con 140 caratteri si puo’ avere un’alta visibilita’ per la durata di un re-tweet, poi si entra nel dimenticatoio come lo e’ per i personaggi dei reality in TV.
    Google+ e’ forse un pochino diverso ma anche li’ una piattaforma che ritengo utile giusto per farmi due risate durante la pausa caffe’ o quando aspetto il mio turno in posta e voglio dare uno sguardo al mio smartphone da 500 Euro e piu’

    I Social Media hanno rovinato quello che una volta era la rivoluzione dell’ecosfera internet. Oggi sono tutti saccenti, sono tutti famosi ma in realta’ sono tutti invisibili.
    Io per ora resto legato al mio blog, ai blogs di persone che hanno passione per quello che scrivono e che mi possono dare qualcosa a fine giornata, che possono arricchire il mio “soul” o la mia conoscienza.

    Non ti preoccupare dei Social media Igor, perdi solamente tempo. Twitter e’ e sara’ sempre li’ per chi vuole quei 5 minuti di notorieta’ e che riesce a racchiudere in 140 caratteri … Io non ci riesco e preferisco leggere i blogs. Saro’ all’antica?

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  • Lo sai Igor, o probabilmente no ma lo avrai capito….sono un informatico “all’antica”…..non ho mai aderito ai social se non per necessità (spesso di altri 🙂 ) ed il risultato è che non scrivo, non leggo, non interagisco…non e basta!
    Insomma, non vedo i social come il futuro delle nuove generazioni(e delle nostre), anzi li vedo come la disgregazione delle nuove generazioni, dei tempi in cui l’unico pensiero era finire i compiti per giocare in strada a pallone. Ma poi, che ci sarà di così importante da dire sempre a tutti , che poi non capiscono mai quello che scrivi perchè magari lo fai di getto senza stare li a vedere la forma esatta…..e allora altro che vaso di Pandora.
    Faccio spesso questo parallelismo: quando scrivi su un social è come se parlassi in una piazza piena di persone; alcune ti capiscono, altre no, altre ancora ti ignorano….altre approfittano di quello che hanno(o credono di aver) capito.

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  • Ciao Igor. Non ti conosco e mi spiace, ammetto, aver scoperto solo ora questo tuo post, al quale sono giunto leggendo commenti vetusti -ed altrettanto condivisi- su Mysocialweb.it, riferiti a esternazioni di Umberto Eco, post che trovo splendido. Descrivi la percezione di molti con raro acume, la mia con sorprendente corrispondenza. Non sono su Twitter e mai vi andrò, decisione presa a suo tempo per quelle motivazioni che qui illustri con tanta efficacia. Fa piacere perchè fa sentire meno soli, in questa piazza fuori misura, di dimensioni e contesti che di umano ben poco hanno, virtuali sino al midollo. E di intelligente, ancor meno…

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