[IV] del Venerdì (15)
La ragazza non poteva sopportare che lei non esistesse. Oppure, peggio ancora, che esistesse solo in parte. Si sentiva viva a tutti gli effetti: sentiva il calore del proprio corpo, percepiva il movimento della brezza sulla pelle. Sentiva persino il battere del cuore…o forse no? Si appoggiò la mano al petto e non sentì nulla. Il cuore non batteva. Forse – pensò – posseggo un’anima, ma non il corpo. Penso, quindi sono, aveva letto da qualche parte. Se l’anziana che le aveva fatto quelle rivelazioni aveva ragione, se lei in fondo era solo una PNG in una realtà virtuale, l’anima era sotto il controllo di qualcun’altro ed il corpo non aveva ragione di esistere. In una realtà virtuale il corpo non è necessario. Ma se l’anima non è mia, se non riesco a controllarla, se non riesco a seguire le indicazioni dettate dal mio cuore, come posso controllare le mie azioni? Chi sono realmente? Cosa ci faccio qua? La ragazza si sentiva perduta: guardava la vecchia sogghignare verso di lei e non sapeva che fare.
Chiariamo subito una cosa: non è che siccome leggo una rivista scritta in lingua inglese, allora vuol dire che sono inglese, oppure che non parlo italiano. Il mio lavoro mi porta a leggere per il 90% delle volte la lingua inglese, ma ciò non significa che preferisco questa lingua alla mia che ho imparato fin da quando avevo 6 anni. Perciò, spero che non mi accada più che un italiano mi fermi per strada, o nei pressi di una stazione della metropolitana, per chiedermi informazioni in inglese. Ho sempre risposto in modo elegante, devo dire, però poi mi sentono parlare con il mio amico a fianco ed esclamano: “Ah, ma sei italiano anche tu! Vedevo che leggevi un giornale in inglese…“. Il fatto è che leggo MSDN Magazine e leggo il Time, e mi piace, ma questo non vuol dire che sono inglese. Ricordo che anche mio fratello, quando era bambino, veniva sempre confuso con un tedesco, perchè era biondissimo e capitava che, in certi posti ad alta frequentazione tedesca (riviera romagnola a maggio), gli si rivolgesse in lingua tedesca. Credo che tutto questo sia causato dal fatto che gli italiani in genere non siano abituati ad aver a che fare con un po’ di integrazione: fino a qualche anno fa, la maggior parte della popolazione era soprattutto italiano, mentre oggi – e man mano che passa il tempo – sempre più persone provengono da altre nazioni, e si fermano a vivere qui da noi. Dovremo abituarci quindi a vedere persone che leggono giornali in altre lingue, sebbene siano italiani a tutti gli effetti. Semplicemente, ci saranno tunisini, egiziani, marocchini e via dicendo che vogliono continuare ad essere informati sulle faccende di casa loro…d’altronde, anche io quando sono in Puglia ogni tanto compro “Il Giorno” – il quotidiano di Milano – per sapere cosa succede in Lombardia. Altre nazioni più avanti di noi in questo senso hanno più familiarità: gran parte della popolazione USA parla spagnolo, per esempio. Già adesso, per dire, sulle linee 90-91 dell’ATM di Milano sento parlare più altre lingue che l’italiano, inteso come arabo e spagnolo soprattutto. L’altro giorno, mentre andavo al lavoro, il filobus ha frenato di colpo…una ragazza davanti a me stava cadendo, le ho messo una mano sul braccio per aiutarla a rimanere in piedi. La ragazza indossava un burka, che la copriva tutta ad eccezione del volto. Dopo aver ripreso l’equilibrio, si è girata verso di me guardandomi davvero male (“Obiezione, Vostro Onore!”) e senza dire una parola. L’ho guardata, le ho sorriso scusandomi imbarazzato…aveva una grossa e visibile cicatrice sul volto, che le partiva dal labbro superiore – appena sotto il naso – e finiva in quello inferiore, in pratica le tagliava in due la bocca. Sono rimasto imbarazzato, ero convinto di averla aiutata e di non aver fatto nulla di male, ma evidentemente anche io qualcosa sull’integrazione tra popoli di culture diverse la devo ancora imparare. E ci mancherebbe!