Technology Experience

My daily work

Il mio lavoro quotidiano, il traffico, la metropolitana, le tangenziali, i rapporti con i colleghi, lo stress, il divertimento, la routine

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ObjectWay ricerca personale

Anche io voglio riproporre qua la richiesta del buon Lorenzo. Direttamente dal suo blog:

ObjectWay ricerca persone per assunzione nella sede di Milano con competenze:

.NET Framework (preferibilmente 2.0 o successivi)
SQL Server 2000 o 2005
Sviluppo applicazioni Windows o Web

Costituirà requisito preferenziale l’avere certificazioni Microsoft (MCT, MCPD, MCTS, MCSD, etc…) e/o il far parte “attiva” di una community. Cerchiamo anche persone con competenze su Team Foundation Server (o interessate ad acquisirle) e Visual Studio Team System.

Notare come abbia un minimo peso anche il far parte di una community: motivo in più per aprire e mantenere un blog.

Da questo annuncio io non ci ricavo solo nulla, ma – si sa – in certe cose il potere del passaparola è ancora forte. ObjectWay è la società per la quale anche io lavoro come consulente da circa un anno, e sono felice di far parte della squadra, composta da veri e propri big e persone eccezionali. Quindi, se state cercando un posto di lavoro serio ed affidabile, contattate Lorenzo attraverso il suo blog.

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Certi furbi a Milano

Qualche minuto fa, in Via Piacenza a Milano:

Il SUV Audi di colore nero blocca il passaggio al pullman ATM pieno di gente che – povero lui – non può fare altro che strombazzare per richiamare lo sciagurato proprietario dell’enorme veicolo inutile. Siamo in zona Corso Lodi/Porta Romana, zona centrale di Milano, per cui vi lascio immaginare.

L’ATM ha tante colpe, ma ogni tanto anche il cittadino non scherza!

Premio ‘Idiota del Giorno’.

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Utente finale: se lo conosci non ti uccide

  1. Non cercare di capire l’errore che è capitato l’utente finale: te lo spiegherà sempre male.
  2. Non aiutare mai l’utente finale: se gli dai una mano, egli si prenderà il braccio.
  3. Se tu hai sviluppato la parte A di un applicativo, il tuo collega la parte B, l’altro collega la parte C e quello in fondo al corridoio ha sviluppato la parte D, l’utente finale ti dirà che non funziona la parte K, sviluppata da un tuo ex-collega consulente che se ne è andato da 6 mesi.
  4. L’utente finale segnalerà sempre un problema che non è di tua competenza.
  5. L’utente finale non saprà mai aiutarti concretamente nel spiegarti il suo lavoro per redarre l’analisi del software che dovrà aiutarlo.
  6. Nel caso in cui il punto (5) non fosse soddisfatto, non gasarti a vuoto (citazione da Rossella Brescia): la sua spiegazione cambieranno ogni 1d8+2 turni (*), e le tue conclusioni/considerazioni/presupposti lo faranno di conseguenza.

Ottimista, vero?

(*) : 1d8 sta ad indicare un lancio fatto con il dado ad otto facce. Per maggiori informazioni, chiedere a qualsiasi giocatore di Dungeons and Dragon (o sue varianti). Un turno equivale – se non sbaglio – a 10 minuti.

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Davvero il nostro lavoro è ripetitivo?

Ho letto un post che mi ha lasciato perplesso, e su cui non sono d’accordo. Dire “Ho preso questa iniziativa!” solo per combattere la noia la trovo una cosa davvero triste. Io personalmente spero di non dire mai una cosa del genere. Siccome conosco Andrea, gli dico scusa se probabilmente ho frainteso la sua frase, so per certo che magari ci beccheremo sul Messenger e chiacchereremo con più calma, se vorrà! (update: in realtà, lo abbiamo già fatto!).

Comunque, le vie del Signore sono infinite, magari anche a me capiterà in un futuro più o meno lontano di essere davvero attivo – al di là di quello che faccio sul mio blog – ma giuro solennemente, adesso, qui, con tutti voi, che potrà esserci qualsiasi motivazione, tranne il combattere la noia. E’ come se io vi dicessi: “Sapete…ho fatto questo perchè non avevo nient’altro da fare.“.

Da che mondo e mondo, tutte le mie giornate lavorative sono tutt’altro che noiose, e faccio questo lavoro da più di una decina d’anni. Non capisco dove stia la ripetitività in un lavoro dove ogni anno escono continuamente IDE, framework, strumenti, sistemi operativi, sempre nuovi, sempre diversi e con i quali bisogna tutte le volte fare i conti.

Probabilmente voi siete tutti bravi, ma nei software che sviluppo io insieme a tutti i miei colleghi – ogni giorno – c’è sempre qualcosa da sistemare, anche mentre il software stesso è in produzione. C’è l’utente x che ha avuto un problema, c’è un nuovo processo da implementare, c’è il tal baco che – mannaggia la miseria – non avevamo mai trovato, c’è questo e c’è quell’altro. Non so, sinceramente…lo ripeto, di ripetitivo non c’è proprio nulla, ma magari ho io una visione distorta e troppo ottimistica. Vi dirò…se mai un giorno abbandonerò questo lavoro, probabilmente lo farò per il motivo diametralmente opposto: cioè, il troppo sbattimento nel stare dietro a tutto. Dubito che nel 2020 programmeremo ancora in .NET (magari sì): chi di voi avrà voglia di ricominciare a studiare da zero alzi la mano!

Volete sapere una cosa? Credo che non siamo mai contenti: se ci sono troppe novità, ci lamentiamo perchè dobbiamo investire tempo e denaro per stare al passo coi tempi. Se ci sono poche novità, ci lamentiamo perchè è troppo ripetitivo. Sciocchezze.

Allora, non so voi, ma se io chiudo gli occhi e penso ai miei dieci anni di lavoro, mi accorgo di aver fatto parecchie cose. Ho programmato ASP, ho sviluppato e consegnato software ad agenzie di spettacolo o di modelle, ho fatto corsi, ho consegnato PC, ho visto le sale-macchine di Cartasì qua in sede centrale a Milano, ho visto la nascita di Internet, ho aperto un blog (non esisteva nemmeno la parola ‘blog’ quando ho cominciato), ho visto l’Inter vincere lo scudetto sul campo (ooppss, scusa Andrea!), sto sviluppando con linguaggi e framework concepiti solo qualche anno fa. E questo trend non sta affatto rallentando, anzi!!!

Alla faccia della ripetitività! Provate a fare i falegnami, oppure gli operatori ecologici, oppure i salumieri, oppure il postino, oppure le cassiere: poi vediamo cos’è davvero ripetitivo e noioso!!!

Scusate lo sfogo.

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A volte ci penso…e se studiassi ancora per le certificazioni?

Credo che una delle cose che mi hanno fatto più conoscere all’epoca del blog su UGIdotNET fosse la mia (lunga) serie di post relativi all’esame 70-316, sul framework 1.1. In quel periodo (era il 2005) mi occupavo principalmente di programmare con SQL Server 2000/2005: query più o meno complesse, stored-procedure per l’analisi di dati, report, mini-applicazioni in VBA, etc. etc. Di programmazione vera, pura, quella relativa allo sviluppo di applicazioni di un certo livello, ne vedevo poca. Ed in quest’ottica riuscivo bene a splittare la mia giornata, tra SQL e .NET, per cui studiare C# per la certificazione era quasi un piacere, un modo per staccare la spina con una parte di informatica per attaccarla da un’altra parte.

Oggi le cose sono ben diverse. Lo sviluppo, il test e la scrittura di codice mi prendono buona parte della giornata, e l’idea di impiegare il poco tempo sui mezzi pubblici, oppure la sera, per studiare per qualche esame non è delle più allettanti. Lo so, ci vorrebbe un po’ più di forza di volontà, ma non è così semplice. Me ne accorgo anche perchè bloggo molto meno materiale sulla programmazione in sè. Per me bloggare sarà sempre un modo per spezzare il ritmo lavorativo: se programmassi C# e bloggassi di C#, probabilmente dopo un po’ impazzirei. Ma sto divagando.

La sera preferisco svagarmi, sia che si tratti di una bella partita a Call Of Duty 4, oppure una bella guida con la mia Enzo Ferrari in Test Drive Unlimited. Spesso, dopo una sana partita che mi aiuta a sfogare un po’ di tensione repressa, mi ritrovo a leggere qualcosa su Sharepoint, oppure su WCF, tecnologia che pian piano mi appassiona. Per cui…mi dico…non è che mi manca la voglia di fare o di studiare, è proprio che non ho voglia di mettermi lì specificatamente per un esame di certificazione.

Forse se i ritmi con cui escono nuove tecnologie, nuovi framework, o nuove release dei framework fossero diversi e un po’ più rallentati, non sentirei l’esigenza di studiare sempre cose nuove (che sono sempre più interessanti, tra l’altro), ma avrei più l’istinto a focalizzarmi sugli strumenti attuali, con una bella certificazione che potrebbe servirmi a “vendermi” meglio come professionista.

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Classifica Truffle 100, al 51° posto…

…c’è la società dove lavoravo fino a marzo dell’anno scorso, 2007. La Truffle 100 è una classifica che riguarda i maggiori produttori di software a livello europeo. Essa è rilasciata anno dopo anno e mette in evidenza il mercato del software, dando visibilità a chi se la merita. Mi piace la frase…

Innovation comes from companies of all sizes, with a major role played by small and medium-sized firms.

Senza mettere in cattiva luce niente e nessuno, ricordo come circa un anno fa c’era un po’ di trambusto, nel senso che si parlava di una serie di provvedimento per migliorare costi, produttività, gestione del personale, etc. etc.

Oggi la società, non faccio il nome per motivi di riservatezza, si trova per le prime 100 società di software europee. Meglio così.

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Zaini Kensington (e non)

Il buon Janky, molto tempo fa, mi consigliò di prendere uno zaino Kensington per trasportare notebook, palmare e tutte le altre cose. Mai consiglio fu più giusto. Il mio zaino è questo, l’ho pagato 40 euro: soldi spesi davvero bene. Questo zaino trasporta il mio portatile, il palmare ed è pieno di tasche e taschine per portarsi sempre dietro navigatore GPS, cavetti, alimentatori, chewing-gum (!), biro, bloc-notes, etc. etc. Un piccolo ufficio trasportabile, insomma. La robustezza è garantita.

Ma oggi ho scoperto quest’altro sito che vende zaini simili a quello della Kensington, ma rivolti anche a chi se ne va in giro con: notebook, macchine digitali o reflex con obiettivi separati. Non so dire nulla sulla resistenza, ma le immagini sono chiare: sono piene di tante piccole tasche da riempire con tutto quello che viene in mente. Ci sono zaini tradizionali, ci sono quelli trolley, quelli resistenti alle condizioni meteo più avverse, etc. etc. I prezzi sono un pochino più alti – ne ho visto uno da 90 euro.

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Discussione fra colleghi di primo livello

Bruce Willis: “Su coraggio, interroga quel cadavere!”
Zeus: “Interrogalo??? Ma cosa lo interrogo a fare??? Ti dirà che è morto!”
Bruce Willis: “Questo già lo so, comunque glielo chiedo!”
Tratto da Die Hard 3

Tutte le volte che leggo i post di Luca Minudel sul Muro di UGIdotNET mi commuovo sempre un po’, perchè cercano di affrontare argomenti spinosi come i rapporti tra colleghi, i conflitti, come gestire e guidare un team, quali sono gli atteggiamenti che uniscono e dividono un team, etc. etc. Se siete interessati a questo tipo di argomenti, leggete il blog di Luca perchè è un sicuro affare ed un momento per affrontare il nostro lavoro senza troppi tecnicismi.

Il motivo per cui vi parlo di questo è che oggi, dopo più di 6 mesi di lavoro assieme, ho avuto una discussione un po’ sopra le righe con il nostro capo progetto. Probabilmente sia io che lui ci siamo alzati questa mattina un po’ più nervosi del solito. Capita a tutti, prima o poi. Io questa mattina ho perso 50 centesimi mentre aspettavo l’ascensore, magari il mio nervosismo arriva da questo semplice fatto, anche se non sono così taccagno.

La verità è che siamo due testoni molto emotivi, nel senso che quando qualcuno mette in discussione il mio lavoro la prima reazione fisica è…diventare rosso e reagire in modo un po’ brusco. A maggior motivo se penso che la discussione riguarda aspetti del mio lavoro su cui non ho il diretto ed assoluto controllo. Per spiegarvi meglio dovrei scendere nel dettaglio della questione – stasera non ho voglia – magari lo farò un’altra volta. La frase che ho riportato qui sopra, sebbene sembri assurda, ha molto a che fare con la situazione che mi riguarda: mi è venuta in mente e l’ho trascritta al solo scopo di divertirmi.

Dopo questo post, come al solito mi sento un po’ più tranquillo. Durante la stesura, sulla TV scorrevano le immagini un po’ violente dell’Ultimo Boyscout. Adesso stacco tutto e mi rilasso davvero fino in fondo. Domani si ricomincia.

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Come misurare la ‘seniority’ nel nostro lavoro?

La domanda del titolo nasce da una riflessione fra me e qualcuno dei miei colleghi. Solitamente si pensa che un programmatore comincia a lavorare, passano gli anni, accumula esperienza e poi in qualche modo il suo lavoro deve evolvere: c’è chi diventa PM, chi diventa architetto software, c’è chi diventa qualcos’altro ancora…docente, scrittore, etc. etc. Solitamente – ma magari è una mia impressione – si pensa che un programmatore che continua a fare il programmatore per 10 anni sia un cattivo programmatore, perchè non è mai “cresciuto”.

La sapete l’ultima? Non sono d’accordo.

Dopo 10 anni di lavoro, un falegname rimane sempre e comunque un falegname, ma l’esperienza accumulata nel corso degli anni lo hanno reso un programmatore migliore. Stessa cosa per un programmatore. A me piace programmare, ho 31 anni e ho cominciato seriamente a programmare quando ne avevo 18: 13 anni di lavoro. Sono tanti, ma il mio lavoro mi piace e non vorrei essere nient’altro che un programmatore bravo. Non voglio evolvere: non voglio diventare PM, nè architetto, nè nient’altro. A me piace veder nascere il codice dalle mie dita.

Secondo me, la seniority dovrebbe essere misurata con il tempo, come di solito si fa, ma non vorrei veder bocche storte quando si vede che un certo tizio era ed è tuttora un programmatore. Se faccio mente locale, sicuramente oggi programmo in un modo totalmente diverso rispetto a come lo facevo in VB6, quindi l’esperienza ha pagato e serve. La mia seniority di 13 anni di lavoro conta, e deve contare eccome. Non deve importare nulla se non mi sono voluto evolvere in qualcosa di più, perchè quel qualcosa di più non è una cosa a cui ambisco, il mio lavoro è creare codice e sviluppare software.

Altrimenti…voglio dire…perchè non si applica lo stesso ragionamento anche negli altri settori? Perchè non si chiede ad un meccanico di metter su una scuderia? Perchè non si chiede ad un falegname di diventare architetto? Perchè non si chiede ad uno scrittore di mettere in piedi un editore? Un lavoro spesso rimane quello, ma il tempo che passa fa acquisire a ciascuno di noi sempre più competenza, che deve essere ripagata semplicemente per quello che è.

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