Technology Experience

My daily work

Il mio lavoro quotidiano, il traffico, la metropolitana, le tangenziali, i rapporti con i colleghi, lo stress, il divertimento, la routine

My daily work

[Consulente, cronache] Non è solo una questione tecnica

Ho sempre pensato che il lavoro che mi sono scelto faccia parte di un mondo piuttosto competitivo, almeno così lo vivo io. O forse non è tanto il lavoro in sè, quanto la città in cui lo pratico. Prima di accettare la proposta di lavoro che mi venne fatta, rifiutati diverse volte: un po’ perchè non mi sentivo all’altezza, un po’ perchè forse il progetto nel quale sarei finito non mi interessava più di tanto, un po’ perchè dove stavo prima stavo meravigliosamente. Alla fine ho detto sì, e sono felice di averlo fatto.

Essere scelti da una grande società come quella con la quale collaboro ormai da più di un anno e mezzo richiede un certo impegno. Questo impegno non riguarda solo aspetti puramente tecnicidi competenza e quant’altroma vanno un pochino oltre. Insomma, non basta secondo me essere solo bravi programmatori, avere le conoscenze giuste e conoscere a menadito il framework, tutte le sue classi e tutti i suoi metodi. E’ un po’ come nel mondo del calcio: per giocare in serie A non è sufficiente fare ottimi passaggi, saper dribblare, tirare in porta e fare venti goal a campionato. Devi avere qualche caratteristica in più…come saper parlare davanti ai giornalisti, essere cortesi con l’intervistatore, vestirsi in giacca & cravatta per andare a Controcampo, probabilmente posare per qualche rivista di moda e così via. La stessa cosa credo che valga anche per noi.

Credo che lo stesso valga per noi consulenti informatici. Non basta scrivere bel codice, bisogna anche saper lavorare in team grandi, saperti incastrare al posto giusto, sopportare pressioni diverse, fare presentazioni ed accettare responsabilità un po’ più alte.

Per questo, io mi sento di consigliarvi una cosa. Se doveste ricevere proposte che vi fanno paura o timore, perchè magari arrivano da aziende grandi, non fatevi troppe paranoie riflettendo troppo se siete bravi oppure no. Quello conta sicuramente, ma con lo studio ed un po’ di impegno tutti noi possiamo raggiungere un certo livello di competenza, a meno che non siate davvero negati per questo lavoro. Pensate se siete la persona davvero giusta per quel ruolo in tutti i sensi, dalla A alla Z; pensate a tutte le implicazioni che un ruolo di un certo tipo comporta. Pensate che il vostro ruolo potrebbe crescere, o cambiare, o allargarsi, sia per volontà vostra che per volontà di chi sta sopra di voi.

Io durante le vacanze, mentre galleggiavo nell’acqua salata del mare, certi ragionamenti me li sono fatti. Non voglio passare tutta la mia vita a scrivere codice, e non perchè si tratta di C#. Ma proprio perchè la scrittura di codice comincia a starmi qua (disse Igor indicando la sua gola).

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Certe cose succedono solo a me

Luogo : Famagosta, fermata M2, Milano
Orario : 18,30 circa

  1. Arrivo a Famagosta trafelato, mi metto in un angolo ad aspettare il mio amico Fabio e mio fratello
  2. Attendo 5 minuti: arriva solo uno dei due, Fabio. Bene.
  3. Mi frugo in tasca alla ricerca delle chiavi della mia macchina per prepararmi…devono essere da qualche parte…
  4. Ma non le trovo!!!! Dove sono????
  5. …
  6. agitazione
  7. …
  8. panico
  9. …
  10. pressione alta
  11. …
  12. “Ehm…Fabio, abbiamo un problema. Non trovo le chiavi della macchina”. Porco mondo!!!
  13. …
  14. imprecazioni
  15. …
  16. esclamazioni volgari
  17. …
  18. Cerco nelle tasche dei jeans, nell’enorme marsupio, nello zaino. Non ci sono.
  19. Chiamo sul cellulare M.S, lui sarà ancora lì, gli chiedo di cercarmi le chiavi: magari le ho lasciate sulla scrivania. Non ci sono.
  20. Salgo al terzo piano per vedere se qualcuno magari mi ha addirittura ciulato la macchina. Non si sa mai. La macchina è ancora lì, bella come il sole, ma inesorabilmente chiusa.
  21. Scendo e parlo con qualcuno dell’ATM: magari qualcuno le ho trovate in giro e gentilmente le ha consegnate al posto di controllo. Niente.
  22. Chiamo mio padre per metterlo in stato di allerta: se non le trovo nei prossimi 5 minuti, deve partire lui per portarmi quella di riserva.
  23. Arrabbiato, molto arrabbiato, torno giù dal mio amico Fabio.
  24. Quando mi avvicino, Fabio mi sventola davanti una chiave di un’auto. Sembra essere la mia. Non è possibile – mi dico – io non le trovavo…sarà uno scherzo.
  25. Mi avvicino, prendo in mano la chiave: è la mia, la Z dell’Opel è riconoscibilissima. DOVE DIAVOLO ERANO FINITE??? PERCHE’ NON LE TROVAVO???
  26. …
  27. imprecazioni
  28. …
  29. escalamazioni volgari
  30. …
  31. Fabio mi dice che erano in una tasca assurda, semi-nascosta, incastrate dentro. Un accidente a quella tasca e a chi ha deciso di mettercela.
  32. …
  33. idiota, imbecille, stupido, fesso. In una parola: Igor.

Certe cose succedono solo a me.

Dedicato a Stefano V. e Marco F.: ogni promessa è debito!

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Per favore, l’ita(g)liano imparetelo bene!

Quando questa estate ero in Puglia, sono capitato in una pizzeria sulla quale porta di ingresso v’era affisso un manifesto pubblicitario. Questo manifesto reclamizzava non mi ricordo bene cosa, forse un qualche negozio. Ricordo solo che la parola acquisto era stata scritta come aquisto. Vabbè, capita. Peccato solo che il manifesto non era una cosa stampato a mano in formato A4, era un po’ più grande, probabilmente fornito da qualche tipografia pugliese.

Ma di errori in ita(g)liano ne ho commessi anche io, quando ad esempio ho sempre scritto nei post Qual’è invece di Qual è. Grazie ad Emanuele per avermi avvisato. Sono comunque convinto che su Internet ci sono errori in ita(g)liano molto peggiori. C’è gente che dice starnuta invece di starnutisce, ad esempio. C’è chi sbaglia i congiuntivi, c’è chi dice a me mi, e molto altro ancora.

La foto qui sotto l’ho scattata ieri sera alla fermata della metropolitana di Romolo della linea verde M2. C’è un grande manifesto pubblicitario veramente grande (del tipo…4 x 3 metri) che pubblicizza una società di consulenza per l’acquisizione di imprese, società e ditte. Si occupa della fornitura di partner e di manager per migliorare i propri affari, per ottimizzare le risorse ed i tempi e via dicendo.

Peccato solo che…

…la parola imprenditore sia stata scritta come impreditore. Come si evince da questa fotografia, non è da tutti scrivere un ita(g)liano corretto. Non è necessario andare fino in Puglia o chissà dove per trovare certe cose, le si trovano anche in centro a Milano. Amen.

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Da ieri…ritorno al lavoro

Dopo tre belle settimane in Puglia, concluse con uno/due giorni di anticipo a causa di un lutto che ha colpito un mio carissimo amico, ieri ho ripreso a lavorare a pieno ritmo. Di lavoro ce n’è tanto, ma questo già lo sapevo: a fine luglio, a seguito di una riunione del mio capo-progetto e di altri colleghi, sono state raccolte nuove specifiche e nuove richieste da parte del cliente, che devono essere messe in produzione entro fine settembre.

Ho davvero poco tempo per bloggare, e quando lo faccio è solo per rilassarmi cinque minuti davanti alla tastiera scrivendo a ruota libera quello che mi passa per la testa. E siccome la mia idea di bloggare è di farlo solo quando ne ho voglia davvero, o quando sento di dover dire qualcosa di particolare, allora lascio che il tempo passi e l’ispirazione arriverà.

Morale: ho bloggato più in vacanza, quando in campeggio facevo fatica a connettermi al Web, che adesso, dove sono circondato da reti Wi-Fi di ogni tipo.

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How I Got Started in Software Development

 

Dalle parti di Code Climber, il buon Simone mi tagga con le catene che ogni tanto fanno il giro della blogosfera. Questa volta il discorso è – come dice il titolo – come (e quando) sono entrato nel mondo dello sviluppo del software. Le domande sono ben dieci, quindi cominciamo subito.

 

 

How old were you when you started programming?
A quale età hai cominciato a programmare?

Ho cominciato da bambino. Mio padre mi fece partecipare ad un concorso di programmazione a metà degli anni ‘80, quindi avevo circa 9-10 anni. Era un programma stupidello, serviva a calcolare l’area delle figure piane elementari (rettangoli, quadrati, triangoli, etc).

How did you get started in programming?
Come hai cominciato a programmare?

E’ cominciato tutto quando mio padre decide di acquistare per sè un home-computer. Parlo dei primi anni ‘80. Mio padre giocava principalmente a scacchi; poi, col passare del tempo, quel computer l’ho “ereditato” io: il resto – come si dice – è storia. Quel computer per me non era solo un modo per passare il tempo videogiocando con quello che c’era, ma era anche un modo per fare una cosa intelligente.

What was your first language?
Qual’è stato il tuo primo linguaggio di programmazione?
All’epoca il mio home-computer era un Texas Instruments TI-99/4A: l’unico linguaggio disponibile era un Extended BASIC molto simile a quello disponibile sui vari computer più blasonati come C64, Spectrum e via dicendo.

What was the first real program you wrote?
Qual’è stato il primo programma vero che hai scritto?

Intendo come “real program” il primo software per il quale sono stato pagato. Ero in 3° superiore e frequentavo l’ITIS a Lodi. Scrissi un software in ANSI C per fare conversioni fra unità di misura. Quel software venne pubblicato su un floppy-disk di un numero di PC Disk – rivista adesso scomparsa. Lo scrissi con il 386 che avevo a casa, e che impiegava un sacco di tempo per compilarlo. Mi ero anche scritto un file include pieno di funzioni grafiche.

What languages have you used since you started programming?
Quali linguaggi hai usato da quando hai cominciato a programmare?

In ordine di come mi vengono in mente: dBase III, ANSI C, Java, VBA, Visual Basic (dal 4.0 in poi), Visual Basic .NET, C#, ActionScript, HTML, Javascript, ASP Classic, PHP, Lingo.

What was your first professional programming gig?
Quando è stato il tuo primo vero lavoro da programmatore?

Intorno al 1995 sono stato assunto da una piccola software-house del mio paese, e lì ho avuto a che fare per la prima volta con clienti, telefonate, rilasci, appuntamenti, consegne, riunioni più o meno piccole. L’altro salto l’ho fatto nel 2001, quando mi sono messo in proprio e tutto ricadeva sulle mie povere spalle.

If you knew then what you know now, would you have started programming?
Con il senno di poi, rifaresti lo stesso il programmatore? Ricominceresti a programmare?

O sì, certamente. La cosa divertente è che non so esattamente dire il motivo, so solo che lo rifarei eccome.

If there is one thing you learned along the way that you would tell new developers, what would it be?
Se ci fosse una cosa che hai imparato nella tua carriera e che vorresti dire ai giovani programmatori, cosa diresti?

Domanda difficile. La prima cosa che vorrei dire ai giovani sviluppatori, quelli che magari adesso sono alle superiori o all’università, e che non lavorano, è che ci sono tanti modi diversi di approcciare a questo lavoro. Si può lavorare dalle 9:00 alle 18:00, si può imparare un solo linguaggio ed usare quello tutta la vita, si può sposare una sola tecnologia, si può programmare chiudendosi nel proprio piccolo mondo. Oppure si può fare della programmazione una vera e propria passione/mania, che poi ti fa lavorare la notte, ti fa scrivere software freeware per il solo gusto di farlo, ti fa comprare libri dagli USA per essere sempre aggiornati, ti fa parlare di .NET anche su una spiaggia della Costa Azzurra, ti mette in contatto con altre persone, ti fa fondare user-group e via dicendo. Fare i programmatori, secondo me, vuol dire tutto e vuol dire niente: ditemi come lo fate e già capirò un po’ di più che tipo di persone (e lavoratori) siete.

What’s the most fun you’ve ever had … programming?
Qual’è la cosa più divertente che hai programmato?

Semplice: Keyzard.

Now, let’s tag someone else…
Adesso è l’ora di taggare qualcun’altro…

E’ arrivata la parte più divertente, cioè trascinare qualcuno di UGIdotNET. Io taggo le seguenti persone:

  1. Rosalba Fiore
  2. Corrado Cavalli
  3. Andrea Saltarello
  4. Raffaela Canu (una ‘l’ sola non è un errore di battitura)
  5. Omar Damiani
  6. Alessandro Scardova

A voi la parola!

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Sono ufficialmente stanco!

Ho sempre un po’ di timore quando mi trovo a dover dire una frase di questo tipo, perchè penso che dicendola, implicitamente il mio interlocutore si metta a confronto con me. E si scatenano riflessioni come…ma cosa vuoi saperne tucosa vuoi che sia, io è tre giorni che vado a dormire alle tre del mattinoma stai zitto, tu blogghi e basta. Oppure, magari parlando con familiari o amici più anziani, salta sempre fuori come loro prima di te (e magari negli anni ’60) si sono ritrovati a lavorare la domenica, oppure fino a tarda sera, oppure facendo la spola tra Lodi e Milano tutti i giorni.

Quando dico che sono stanco, non lo dico per fare un paragone con voi, ma per esprimere una mia sensazione interiore. Sono più stanco rispetto al mio solito. Sono più stanco quando arrivo a casa la sera. Sono più stanco perchè da un paio di giorni mi addormento in macchina, mentre mio fratello o l’altro amico è alla guida. Sono più stanco perchè mi viene mal di testa più facilmente, e non è bello lavorare così.

Per dirla tutta, non credo di essere mai stato così stanco come in questo periodo. Mi è capitato in passato (dieci anni fa?) di lavorare per 11 giorni di fila, ma probabilmente sopportavo meglio ‘sta cosa perchè ero più giovane. Oppure perchè avevo un lavoro molto diverso. Con la parola “stanco” non intendo dire che mi imbambolo o mi assopiglio mentre sono seduto davanti al PC…intendi dire che qualsiasi attività più complicata di prendere la posta diventa (appare?) impossibile.

Non so dire quale sia la causa. E’ più un’escalation che altro: il fatto che molti miei colleghi siano in missione fa ricadere qualche compito in più sulle mie (fragili) spalle, l’aumento del carico di lavoro, un po’ di tensione, di stress, poco tempo libero.

Eppure devo continuare. Devo continuare a modificare files XML, a buttare giù righe di codice, a rispondere al telefono, a dare retta a tutto quello per cui sono pagato. Tieni duro, Igor, ancora oggi e domani (mezza giornata) e poi finalmente potrai avere tutto lo spare time che vuoi e che il mondo saprà offrirti.

Ma fino ad allora…

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Che fine ha fatto Igor Damiani – parte seconda

Ci sono donne che aspettano ad un telefono che non suona mai (cit.), o che hanno le ossa grandi (cit.) o che sono portate a fare le mamme. Ci sono donne che amano le station wagon al punto che quando vanno in vacanza preferiscono poi viaggiare in aereo. Ci sono donne che amano passeggiare allegramente in centro con le borse piene di articoli griffati, o che preferiscono indossare un comodo pigiama.

Ci sono donne che uccidono con lo sguardo, con il modo di camminare e con le parole. Ci sono donne che uccidono con una semi-automatica, con una badilata in faccia, oppure non rispettando la precedenza ad un incrocio.

E ci sono donne – come la mia “collega” – che semplicemente uccidono strangolando.

Ecco che fine ho fatto. Sono stato ucciso. Se non mi vedrete più bloggare, o non mi sentirete più parlare, ora sapete il perchè.

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Domenica in ufficio

Era parecchi anni che non passavo una domenica in ufficio. Forse, se ci penso bene, l’ultima volta risale ad una decina di anni fa, quando lavoravo presso Simcity Network, una minuscola software-house nel mio paesello, la cui attività principale era però un negozio, e quindi nel periodo natalizio rimaneva aperto anche la domenica – appunto.

Come tutti i colleghi con cui mi trovo qui adesso, preferirei essere altrove. Però (c’è sempre un però)…

…non tutti i mali vengono per nuocere!

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La mia giornata tipo è cambiata

E’ ormai più di un anno che lavoro come consulente in ObjectWay (abbreviato OW). Ho iniziato nei primi giorni di Aprile 2007. Rispetto al modo di lavorare che avevo nel biennio prima ancora (Aprile 2005 – Aprile 2007), periodo nel quale facevo consulenza per un’altra società (abbreviato ME), ci sono molte differenze che voglio riassumere per fare una piccola riflessione fra me e me.

  1. Il cliente di OW nel quale lavoro mi fa lavorare in team di sviluppatori. Il cliente di ME faceva lavorare in team con persone molto più diverse fra loro (developer, ingegneri gestionali, analisti, matematici, etc.)
  2. Con l’incarico attuale mi sento più responsabilizzato. Il mio lavoro qua non è solo scrivere codice, ma anche quello di coordinarmi con gli altri, di assicurarmi che il repository sia sempre aggiornato ed allineato fra i membri del team, di analizzare problemi, di fare demo con il cliente e di partecipare attivamente a riunioni dove si prendono decisioni concrete
  3. Rispetto ad una volta, oggi lavoro e vedo lavorare con le più disparate tecnologie: .NET, Java, web-server, servlet, etc.
  4. Ho molto meno tempo libero durante la giornata, tempo libero che io all’epoca traducevo in tempo per bloggare e per studiare. Oggi, come dicevo a Mauro durante il ritorno dalla Valtellina, faccio molta più fatica a bloggare, che si traduce alla fin fine in minor costanza nel farlo
  5. Oggi per lavorare capita che debba usare la voce. La mia parlantina ogni tanto mi torna utile. Al termine di una demo che ho tenuto un po’ di tempo fa ad un cliente (pubblico pagante: una decina di persone), mi si è avvicinato un tizio che mi fa: “Complimenti! Mentre parlava del suo prodotto, sembrava che stesse parlando di suo figlio! Ci ha messo passione!“. Solo dopo mi han detto che quel tizio era l’amministratore delegato del cliente! Son sempre soddisfazioni!…Quel giorno ho camminato…ehm…tre metri sopra al cielo. Puntualizzazione: se mai un giorno dovessi avere un figlio/a, vorrei che assomigliasse a chiunque tranne che ad un Windows Mobile (sì, Lorenzo, anche se fosse un HTC Touch Diamond P3700).
  6. Oggi scrivo molto meno codice SQL. Sto meglio.
  7. Oggi scrivo molta meno documentazione. Sto meglio. Per me il codice è documentazione. Più il codice è parlante e meglio è.

Chissà quante altre cose troverei da dire, ma adesso non mi viene in mente altro.

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Anche negli hotel l’hanno capito!

Appesa alla porta della mia camera nell’hotel di Atene c’era un cartoncino…

La conoscenza è il primo passo per la sicurezza.

Questo per confermare, se ce ne fosse bisogno, che sono d’accordo con quanto dice Raffaele in questo post di qualche tempo fa, che ha scatenato i soliti flame.

Versione breve: l’utente finale è l’anello più debole della sicurezza. E’ quello che apre links pericolosi e allegati inaffidabili. E’ quello che usa software insicuri e attua – magari senza volerlo – procedure pericolose per la stabilità del sistema. E come tale va educato. La conoscenza, il sapere come operare di fronte ad una situazione critica, è il primo passo per usare il proprio PC in modo sicuro. Uno può installare tutti gli antivirus che vuole, tutti gli antispyware che trova, ma se alla fine lancia un file .exe arrivato via posta, o casca nel phishing, nessuno può farci niente.

E’ solo colpa sua.

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